La Tomba del Letto Funebre di Tarquinia a Villa Giulia

di Francesca Pontani*

All’interno del Museo nazionale etrusco di Villa Giulia a Roma si è voluto evocare la cultura di Tarquinia attraverso l’esposizione di una delle più significative testimonianze della pittura etrusca: la Tomba del Letto Funebre.

 

L’Etrusca Tarch(u)na

Della città di Tarquinia, l’Etrusca Tarch(u)na, gli storici antichi esaltarono le origini antichissime e ne sottolinearono l’enorme prestigio culturale. La sua mitica fondazione era fatta risalire a Tarconte, figlio di quel Tirreno (re della Lidia) che dalle lontane coste dell’Asia Minore aveva condotto gli Etruschi in Italia. A Tarquinia poi veniva localizzata la nascita miracolosa del divino fanciullo Tagete, maestro della disciplina degli auguri e degli aruspici, alla quale per secoli sarebbero stati educati i figli dei principi etruschi; qui in fine si rifugiò il nobile Demarato di Corinto che, sposata una matrona tarquiniese, dette origine a Roma alla dinastia etrusca dei re Tarquini.

 

Tarquinia, come quasi tutte le grandi città etrusche costiere, non si affacciava direttamente sul mare, ma era situata su un colle (La Civita) posto a circa 6 km dalla costa, prossimo a terreni facilmente coltivabili e alle naturali vie di comunicazione. Le indagini archeologiche hanno confermato le origini antichissime della città che già in epoca villanoviana (età del Ferro) ricopre un ruolo dominante su un vasto territorio.

 

Nel VI e nei primi decenni del V secolo a.C. Tarquinia è al suo apogeo come testimonia l’eccezionale fenomeno delle tombe dipinte della necropoli dei Monterozzi, ed assume forse la guida della confederazione delle città etrusche.

Dalla metà del IV secolo a.C. la storia cittadina è segnata dallo scontro definitivo con Roma e nel 90 a.C., dopo un lento ma inarrestabile declino anche Tarquinia, come gli altri popoli etruschi, perde la sua autonomia politica.

 

La monumentale necropoli della città etrusca, sviluppatasi sul lungo colle dei Monterozzi posto tra l’abitato e la costa tirrenica, costituisce uno dei complessi archeologici più straordinari dell’intera area mediterranea per la presenza di centinaia di tombe a camera scavate nella roccia e dipinte. Considerata uno dei più importanti santuari della pittura antica, nel 2004 è stata dichiarata dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità.

 

Una pinacoteca sotterranea

L’uso di decorare con pitture le camere sepolcrali (attestato dal VII al III-II secolo a.C.), e dunque per tutta la vita della città etrusca, è conosciuto anche in altri centri d’Etruria ma solo a Tarquinia assume dimensioni così ampie e continuate nel tempo. Le circa 200 tombe dipinte che oggi si conoscono costituiscono solo il 3% delle migliaia di sepolcri finora individuati nella necropoli: esse infatti sono espressione della classe aristocratica, che sola poteva permettersi il lusso di affrescare le proprie dimore funebri.

Le raffigurazioni dipinte sulle pareti e sui soffitti degli ipogei sono una fonte preziosa per la conoscenza della vita e della morte degli Etruschi e delle loro credenze nell’aldilà.

Questa straordinaria pinacoteca sotterranea ha ispirato nei secoli numerosi scrittori e poeti; le prime scoperte delle tombe dipinte di Tarquinia (grotte cornetane) risalgono al Rinascimento e negli anni del Grand Tour architetti e pittori di varia nazionalità europee si dilettarono a riprodurne le immagini.

Negli anni ’50 e ’60 il distacco della pellicola pittorica era sembrato l’unico espediente in grado di salvare queste pitture, cosa che oggi invece non si fa più.

 

La tomba del letto funebre

Scoperta nel 1873, la tomba è un’ampia camera quadrangolare scavata nella roccia, con soffitto a doppio spiovente e trave di colmo in rilievo; conteneva dei letti per le sepolture, di cui restano gli incassi per i piedi nel pavimento.

Soffitto e pareti sono tutti decorati: sulla trave centrale sono dipinti rosoni e tralci di edera, sugli spioventi un motivo a scacchiera che richiama un tappeto; sulle pareti un grande fregio figurato è sovrapposto ad uno zoccolo con delfini guizzanti sulla superficie increspata del mare.

 

La scena della parete di fondo e in parte di quelle laterali raffigura un grande baldacchino (una sorta di leggero velario) sotto il quale, al centro, è un monumentale catafalco con due copricapo conici inghirlandati e appoggiati su doppi cuscini, accanto a due leggeri mantelli; ai lati si svolge un banchetto allietato da musici, cui partecipano convitati (divisi per sesso) sdraiati su materassi e avvolti in coperte ricamate. Fuori dal baldacchino, all’aperto, sono dipinti giochi e danze:, gare di pugilato e corse di carri, danze armate e lancio del disco, esercizi acrobatici a cavallo.

 

La prima interpretazione delle pitture riconosceva nel catafalco il letto funebre della ricca coppia di defunti, proprietaria del sepolcro, attorno al quale si svolgono il banchetto e i giochi funebri.

Di recente è stata proposta una lettura più complessa che vede nelle scene la raffigurazione di  una cerimonia (theoxenia) in onore dei Dioscuri (evocati dai cappelli conici e dai mantelli sul catafalco), durante la quale si svolgevano esercizi ginnici ad essi particolarmente cari (Omero definisce Castore “domatore di cavalli”, e Polluce “pugno forte”).

 

Il culto dei Dioscuri era infatti l’espressione dell’elite etrusca che vedeva nella cavalleria e nell’atletismo l’essenza stessa della sua natura aristocratica. La rappresentazione dei due divini fratelli era particolarmente adatta ad un luogo di sepoltura, essendo questi destinati ad entrare ed uscire dall’Ade, e dunque a varcare quotidianamente la soglia tra vita mortale e immortalità.

 

Datazione 470-460 a.C.

 

Foto http://archeologialazio.beniculturali.it/getImage.php?id=2261&w=800&h=600&f=0&.jpg

 

Nel prossimo articolo, il 19 agosto, andremo a Vulci.

 

*Francesca Pontani – www.francescapontani.it – Archeologa del comitato scientifico del Museo Archeologico delle Necropoli Rupestri di Barbarano Romano. Egittologa, conoscitrice di lingue antiche come i geroglifici, la lingua sumerica e accadica, la lingua etrusca, lavora nel mondo del web. Nel blog e sul canale YouTube ArcheoTime sono visibili le sue camminate archeologiche on the road. Innamorata della comunicazione e della scrittura, guida i lettori di TusciaUP nella conoscenza del nostro territorio attraverso Tour di Archeologia in Tuscia.

 

 

 

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