Le donne nella storia viterbese: Letizia Cristina Bonaparte una tomba in Duomo che c’è, ma non si vede 

di Luciano Costantini

La principessa Letizia Cristina Bonaparte nacque a Milano nel 1804, figlia di Luciano Bonaparte, principe di Canino e Musignano e di Alexandrine Bleschamp, nonché nipote dell’imperatore Napoleone e cugina di Napoleone III…potrebbe essere il fin troppo banale incipit di una biografia, in chiave fiabesca, di una delle tante figure femminili che punteggiano la storia. Letizia Cristina, in realtà, occupa più modestamente la cronaca della prima metà dell’Ottocento. Cronaca soprattutto viterbese. Un’esistenza condotta tra gossip e realtà, come è stato per altre “eroine” che hanno lasciato tracce in questo territorio. Abbiamo pensato di dar vita a una piccola galleria di ritratti con il modestissimo fine di rendere omaggio alla loro memoria, cominciando dalla nipote di Napoleone, la più vicina a noi in ordine di tempo e tanto moderna da immaginarla protagonista di un serial tv. Oggi sarebbe di diritto nel cast di Dallas. Una esistenza irrequieta, come del resto è stata quella del padre Luciano, principe di Canino e Musignano, che ebbe due mogli e nove rampolli. Addirittura quattordici, di cui due morti in giovanissima età, secondo alcune fonti. Luciano entrò in collisione anche con il più famoso fratello e trovò pace soltanto nella sua residenza di Canino dove si dedicò alle ricerche archeologiche e dove è sepolto nella locale chiesa Collegiata. Di Letizia Cristina non si sa granché, praticamente nulla, sino al 1821 quando, non ancora diciassettenne, va in sposa ad un nobile irlandese di 13 anni più grande, sir Thomas Wyse, destinato ad una brillantissima carriera militare e diplomatica. La ragazza porta in dote un cognome famoso, gioielli, tanti soldi e il Casino di Viterbo, la palazzina sita dinanzi a piazzale Gramsci e che negli anni ha ospitato un distretto sanitario, un albergo e oggi una casa di risposo per anziani. Il Casino era abbellito da un giardino che si estendeva sino all’attuale via della Palazzina dove era solita passeggiare la zia Paolina, sorella prediletta dell’Imperatore. Una villa familiare posta a ridosso delle storiche mura viterbesi. Nei primi quattro anni di matrimonio è la dimora, mica tanto tranquilla, di Letizia che – malignano le cronache – viene accusata di infedeltà, tanto da essere rinchiusa nel convento di Santa Rosa per otto mesi al fine di espiare chissà cosa e per garantire alla famiglia che non sia incinta. Comunque è a Roma che nasce il primogenito, Napoleone Alfredo, detto Nappo. Poi il trasferimento in Irlanda (1825) a Waterford e la nascita del secondo figlio, William Carlo. Nel 1828 fine del matrimonio. Niente divorzio, ma la principessa si trasferisce a Londra, dove evidentemente ha la possibilità di condurre una esistenza più libera, sotto tutti i punti di vista. Una autentica miniera per il gossip del tempo: la principessa mette al mondo altri tre figli avuti da uomini diversi. Uno di questi è capitano dell’esercito britannico, Studholme John Hodgdson, che dopo averla salvata da sicuro annegamento (tentato suicidio?) in un laghetto di un parco londinese, si innamora e per anni le è fedele compagno, fino a darle una figlia, Maria Letizia Studholmina Bonaparte Wyse. Confessiamo: non è stato facile assegnare un ordine genealogico e anagrafico alla esistenza di tante figure femminili, tra omonimie, date e avvenimenti che si rincorrono. A partire da un’altra Maria Letizia, la Ramolino, madre di Napoleone e Luciano, nonna della principessa di Canino, e che per 14 anni è rimasta sepolta a Tarquinia prima di essere trasferita e tumulata nella natia Ajaccio. Quando si dice la fatalità del destino e della terra. Studholmina-Wyse dalla mamma Letizia Cristina eredita una oggettiva irrequietezza unita a una innegabile avvenenza. Prende il cognome della madre e del marito di lei. Si sposa e resta vedova tre volte. Uno dei coniugi è niente di meno che Urbano Rattazzi, politico di primo piano e presidente del Consiglio del Regno d’Italia. Ma torniamo alla principessa Letizia Cristina: le notizie degli ultimi anni di vita sono scarne, quasi inesistenti. Di sicuro cresce la prole. La morte avviene a Firenze nel 1871. Un suo busto opera dello scultore senese, Giovanni Duprè, si trova all’ingresso del museo del Duomo di Viterbo. La salma in una cappella dello stesso Duomo, per volere della figlia Studholmina, come sta a dimostrare una inequivocabile scritta: “Alla cara e venerata memoria/di lady Wyse principessa Letizia Bonaparte di Canino/ madre diletta incomparabile/ martire di ogni umano dolore/ questo santo pegno di affetto/ la figlia/ Maria Letizia Rattazzi/ desolata consacra/ possa madre mia l’anima tua amorosissima/ vivere più lieta/ all’alto dei cieli/ nata a Milano 1 dicembre MDCCCIIII/ morta a Firenze  XIII marzo MDCCCLXXI”. Accanto una lapide: “Sepoltura provvisoria della principessa Letizia Bonaparte”. A conferma che spesso nella vita non c’è niente di più definitivo che il provvisorio. La cappella Bonaparte è chiusa dal 1952. I bombardamenti della seconda guerra mondiale l’hanno resa inagibile e dunque non visitabile (se non passando da una porta di servizio). Entrando a destra nella cattedrale, un muro in peperino e parzialmente coperto da un affresco ne impedisce non solo l’ingresso, ma anche la vista. La riapertura al pubblico richiederebbe qualche decina di migliaia di euro e un gesto di buona volontà. Un cartello indica che lì dietro c’è la tomba della principessa Letizia Cristina. C’è, ma non si vede.

 

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