Leonello Ercoli, lo scopritore del petrolio nell’Alto Lazio

Leonello Ercoli

Petrolio e magari anche oro e uranio, una sorta di Eldorado che il signor Leonello Ercoli da San Michele in Teverina sostiene di aver individuato nel sottosuolo del comprensorio tra Castel Cellesi, Bagnoregio, Castiglione in Teverina. Una scoperta “sensazionale” che i giornali non possono ignorare. Il 22 aprile del 1951 sulla pagina viterbese del Messaggero viene pubblicato un pezzo a firma – più precisamente, siglato – dal corrispondente, Alessandro Vismara che, da inviato, si reca sul posto e intervista il signor Ercoli. Il reportage è anche un acquarello del territorio con i suoi calanchi, le sue selve, le sue acque. Il giornalista guarda, sente e infine riporta. Lo fa con occhio e orecchio attenti, ma evidentemente disincantati. (L. C.)

Nel cercare Leonello Ercoli, lo scopritore del petrolio dell’Alto Lazio, sapevo soltanto il suo nome e che era stato a caccia nei pressi di Castel Cellesi: questo mi ha costretto a battere tutto il territorio tra Viterbo, Bagnoregio, e Castiglione in Teverina, ma mi ha anche permesso di osservare attentamente una zona ricca di giacimenti di ogni tipo con una guida particolarmente competente, l’ing. Luciano Carlini, il quale è fermamente convinto che “il futuro minerario” della nostra provincia possa riservare risultati addirittura sensazionali. E’ ancora troppo presto per dire se il nostro sottosuolo è ricco di idrocarburi, ma è certo che in esso esistono le condizioni che si riscontrano in tutti i giacimenti petroliferi del mondo: abbiamo infatti abbondantissimi i composti di alluminio quali caolino, argilla e leucite (teoria dell’origine inorganica del petrolio) e copiosi resti di alghe marine (teoria sulla formazione organica del prezioso combustibile). Del resto vicino a Grotte S. Stefano sono stati rinvenuti due giganteschi animali preistorici (“elephas italicus antiquus”) e l’evidente vulcanicità della zona lascia supporre che non siano mancate le elevatissime temperature ed i movimenti del terreno che accompagnano la costituzione dei depositi di idrocarburi. Ho “pescato” il signor Leonello Ercoli a San Michele in Teverina, in una bella casa spaziosa tutta piena di campioni di rocce, raccolti in trent’anni di ricerche: tra questi materiali ci sono tracce di elementi che il sig. Ercoli e suo padre Giuseppe nominano soltanto a bassa voce, l’uranio e l’oro. Il sig. Ercoli si dice in contatto con un potente gruppo finanziario settentrionale comprendente tra gli altri anche il noto industriale conte Marzotto. Egli ha ottenuto regolari concessioni per le ricerche e spera che le sonde, le trivelle ed i “radar” possano confermare le sue intuizioni; le analisi finora effettuate presso seri istituti chimici della capitale sono certamente incoraggianti. Gli affioramenti di idrocarburi si estendono su un territorio di circa 20 chilometri quadrati, in un paesaggio aspramente accidentato da calanchi sottili come guglie, dirupi paurosi e avvallamenti profondissimi. Ho visitato quello della località “La Cannara”, posto a circa un’ora di cammino dalla strada carrozzabile ed un mezzo chilometro più in basso dell’arteria stessa. Nel letto di un torrentello si notano numerose tracce bituminose, che l’analisi avrebbe detto ricche di petrolio. Lì vicino esistono numerose polle di acqua salmastra che durante la guerra, quando il sale scarseggiava, le popolazioni locali usavano abitualmente per cucinare i cibi. Se si accende un cerino sul pelo dell’acqua, la fiamma viene considerevolmente ingrandita anche sotto la pioggia: forse è metano, forse sono esalazioni di idrogeno o di composti dello zolfo. Le ricerche non saranno certamente né brevi né facili; del metano e del petrolio della valle Padana si parla da oltre venti anni e lo sfruttamento può dirsi appena iniziato. Una grande società come la “Terni” da diverso tempo effettua sistematicamente sondaggi nella nostra provincia alla ricerca delle cosiddette forze endogene – soffioni ecc. – che potrebbero fornire energia per i più svariati scopi industriali. Anche la località “Acqua Rossa” – alle porte stesse di Viterbo – dove esiste il più grande stabilimento europeo per la produzione del ghiaccio secco, dovrebbe celare nel suo seno immensi tesori di acque minerali e di giacimenti di ogni genere. Se la “febbre del petrolio” raggiungerà l’Alto Lazio, alla nostra economia potrebbero aprirsi orizzonti insperati, perché è certo che “qualche cosa” qui esiste: anche se la “scoperta” del sig. Ercoli non popolerà il viterbese di pozzi petroliferi, essa sarà ugualmente utile, perché potrà essere l’inizio di quella valorizzazione mineraria della nostra provincia che fino a questo momento può essere considerata appena agli inizi.

LA VALLE DEI CALANCHI - guideturisticheviterbo.it

(Documentazione tratta dalla ricerca d’archivio sul periodo storico del giornalista Luciano Costantini)

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