“L’immaginazione di Vicino Orsini”, a Palazzo Orsini di Bomarzo inaugurata la mostra fotografica di Marco Paolini

Vicino

“Fotografare il parco dei mostri è come fotografare la Gioconda o il Colosseo. E’ una prova difficile nperché lo hanno fatto già tutti. Quando mi hanno proposto la mostra, mi sono interrogato a lungo su come riuscire a trasmettere al pubblico il mio punto di vista. Alla fine ho capito che dovevo guardare quel luogo con una semplicità che non possedevo più, con l’ingenuità di un bambino. E’ stata, così, una scoperta. La pietra antichissima delle statue e la natura verde che a tratti copre il parco mi hanno restituito emozioni fortissime. Di paura e alcune volte addirittura erotiche”. Con queste parole il fotografo Marco Paolini ha inaugurato sabato scorso Bomarzo la mostra intitolata “L’immaginazione di Vicino Orsini” (6 maggio – 31 luglio, ingresso libero) che raccoglie 21 stampe fotografiche dedicate alle opere realizzate dal principe nel corso della sua vita. Un percorso che si
snoda tra le sale di Palazzo Orsini e che accoglie il visitatore con un gigantesco rullino fotografico di tutte le immagini oggetto della mostra. “Un’altra tappa delle celebrazioni per i 500 anni della nascita di Vicino Orsini, voluta fortemente al Comune”, ha spiegato l’assessore alla Cultura Marzia Arconi.
La mostra è il frutto di una selezione ristretta di circa 400 fotografie scattate da Paolini nel corso di lunghe giornate trascorse a passeggiare tra fontane e sculture, e a lasciarsi sorprendere da ciò che lo circondava. Alcuni scatti sono dedicati anche all’antico palazzo nobiliare.
“Ho iniziato fotografando quello che mi colpiva di più. Successivamente sono intervenuto sulle immagini per mettere in primo o in secondo piano alcune forme e alcune colori. Alcuni piuttosto che altri. Cercando di far capire come io avevo visto quella determinata cosa”.
Gli occhi di Cerere che sbucano tra i tronchi di un albero, quasi a spiare il visitatore; l’ira dipinta sul volto del dio Nettuno; il contrasto tra il grigio in primo piano della pietra porosa di una ninfa dormiente e il verde quasi ‘elettrico’ di una pianta sullo sfondo.
“Sono soddisfatto del lavoro finale – ha concluso Paolini -. Descrive la mia ingenuità e la mia immaginazione. Durante la lavorazione mi sono sentito molto vicino a Pierfrancesco Orsini. Lui, sicuramente, era una persona molto ingenua, infantile e giocosa”.

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