L’Invito alla Riflessione della Società Filosofica Italiana: Il Pensiero Debole di Gianni Vattimo, un approccio filosofico alla sfida dell’attualità

di Loredana Biaggi

vattimo

Gli ormai consueti incontri con la S.F.I. sezione viterbese “Pasquale Picone” continuano offrendo ogni volta l’occasione di un confronto conviviale e piacevole, oltre che interessante,  su temi che attingono contenuti da problematiche filosofiche, le quali  offrono sempre trasversalmente uno sguardo sulla modernità. Per gli amanti della materia questa volta la società propone la stimolante esplorazione del pensiero di un filosofo contemporaneo, Gianni Vattimo, scomparso nel settembre dello scorso anno  e che  è stato il più noto esponente del cosiddetto “pensiero debole”, perché ha teorizzato l’impossibilità della metafisica e la conseguente relativizzazione di ogni possibile filosofia. L’incontro si svolgerà venerdì 22 marzo, dalle 17.00 in poi, presso la Libreria Etruria, a via Matteotti, 67, in Viterbo.

Sarà il Prof. Gabriele Ametrano, laureatosi a Roma e ora studente del corso di laurea magistrale di Filosofia, ad introdurre il dibattito sul pensiero del filosofo, che alimenta un interessante e attuale confronto di idee sul senso della verità, oggi più che mai contemporaneo nel mondo della post-verità e dei social. Cosa è un pensiero “debole”? E’ la consapevolezza che è impossibile elaborare sistemi universali  che pretendano di trovare un senso ultimo alle vicende storiche dell’umanità.  E’ l’accettazione definitiva della fine di ogni sapere che tenda a voler essere conclusivo o che possa giustificare l’illusione di dare un significato finale alla storia, contrariamente alla ricerca di Senso che ha contraddistinto la riflessione filosofico-religiosa nel corso dei secoli. Vattimo, studioso di Nietzsche, ci pone di fronte ad un dilemma: il nichilismo che cerca di prendere atto della mancanza di fondamento e di vivere adeguatamente e fino in fondo l’instabilità dell’esistere umano, è la risposta ultima? Può essere questa la risposta, ovvero la frammentazione dell’io e il dubbio come unico valore immobilizzante, incapace di costruire una società unita e stabile? Potrebbe questo  messaggio di una sostanziale equivalenza universale,  che va a distruggere qualsiasi criterio per distinguere il vero dal falso, il giusto dall’ingiusto, il bello dal brutto, scatenare fenomeni come l’ atomizzazione etica di massa (ognuno la pensa come gli pare), o come la  trasformazione  della vita sociale nella ricerca del proprio utile vista l’impossibilità di  individuare valori oggettivi e validi per tutti gli uomini? Come non pensare all’intuizione di Dostoevskij , per cui “se si nega Dio, tutto è possibile”?

La risposta di Vattimo è complessa:  provando ad articolare una sintesi si potrebbe affermare che il filosofo propone un  sapere “debole”  molteplice e poliedrico perché circoscritto nello spazio e nel tempo, il quale solo può  permettere di affrontare costruttivamente i problemi che oggi e in primo luogo nel futuro coinvolgeranno tutti noi perché,  per esempio,  il contenimento del “pensiero forte” serve a contrastare la violenza e a costruire uno spazio sempre più aperto alla libertà, alla tolleranza, ai rapporti con le altre culture. Vale a dire che il filosofo torinese ritiene che solo un progetto filosofico che si riconosca limitato e parziale può aprirsi ad altre forme di sapere, nel rispetto reciproco, proprio come richiedono con sempre maggiore insistenza pluralismo e muticulturalismo.

Sarà possibile partecipare all’incontro da remoto collegandosi al seguente link: https://meet.google.com/daj-ahrz-yxe

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