Marco Gemini: “Sono Facchino praticamente da sempre”

di Donatella Agostini

Marco Gemini cover
A destra, Marco Gemini

«Sono sempre stato convinto di una cosa: se prendessi i cento uomini più forti del mondo e li mettessi sotto la Macchina, non riuscirebbero a portarla». La Macchina è quella di Santa Rosa, il “campanile che cammina” luminoso che la sera di ogni tre settembre – fermo pandemia a parte – percorre leggero e indicibile le vie buie della città di Viterbo, trasportato da uomini biancovestiti chiamati Facchini. A parlare invece è il viterbese Marco Gemini, classe 1968, una gloriosa carriera da Facchino che dura ormai da trentacinque anni. Lo incontriamo nel mezzo dei preparativi per la prima delle quattro cene sotto le stelle che il Sodalizio dei Facchini di Santa Rosa organizza gli ultimi giorni di agosto, quasi a scaldare gli animi dell’intera comunità. Nell’infuocato primo pomeriggio la bella location di piazza San Lorenzo è in fermento: decine di facchini e alcuni simpatizzanti, coordinati da Gemini e dal consiglio direttivo del Sodalizio, predispongono le cucine, posizionano tavoli, panche, gazebi. «Al completo contiamo ogni sera milleduecento coperti. Oltre alle quaranta – cinquanta persone nelle cucine, sono coinvolti oltre cento facchini che servono, riordinano, accompagnano alle tavole anziani, disabili e bambini in carrozzina. Quest’anno siamo affiancati dalle Proloco di Monteromano e di Vitorchiano, per proporre piatti tipici di quei luoghi e diversificare così l’offerta». Un appuntamento attesissimo, non soltanto culinario: durante le cene si svolgono sfilate di moda, concerti, intrattenimento. Il ricavato delle serate, detratte le spese, viene devoluto in beneficenza a favore di associazioni del Viterbese. «Cerchiamo ogni volta di dare il meglio e, se commettiamo degli sbagli, sono uno spunto per migliorarci». Caratteristiche significative di Marco Gemini sono l’assoluta normalità e l’assenza di protagonismo: pur essendo oggi una delle Guide, figure fondamentali durante il Trasporto della Macchina, perché coadiuvano il Capo Facchino nel coordinamento dei Facchini, Marco ci parla con semplicità di un evento che pure, da dieci anni, è entrato a far parte del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità secondo l’Unesco.

«Sono Facchino praticamente da sempre. Mio padre lo era, e mia madre era incinta di me mentre assisteva al trasporto del ’67, quello del famoso ‘fermo’. Dal 1988 sono entrato ufficialmente a far parte di questa famiglia», racconta Gemini. Il termine famiglia non è a caso: tra i Facchini nasce e si fortifica un sentimento singolare, molto vicino alla fratellanza. «Tutti per uno, uno per tutti: è un detto che nel Sodalizio è verità. Ricordo che durante un Trasporto, in Via Marconi, all’altezza della Banca d’Italia non ce la facevo più… se il peso che avevo sulle spalle fosse stato oro, lo avrei preso e lo avrei buttato via. Ma non l’ho fatto, perché insieme a me e nelle mie stesse condizioni, c’erano i miei compagni. Quando sei lì sotto pensi: se questo vicino a me adesso mi lascia due chili suoi, io non ce la faccio a portarli, sto allo stremo. Ma se glieli lascio io, sta allo stremo anche lui… E allora quei cento metri che mancano all’arrivo si fanno, che per nessun altro motivo al mondo si farebbero. La forza del gruppo ti dà quell’energia in più». Le dimensioni della Macchina di Santa Rosa sono stabilite rigidamente: sulla base rettangolare di 4,30×6,00 metri si leva il corpo che non deve superare i 28 metri di altezza. Il peso complessivo non può essere superiore ai 50 quintali: teoricamente quindi ogni Facchino porta sessanta chilogrammi. «Solo in teoria, ma poi le cosiddette “accollate” ti fanno portare fino a un quintale e mezzo. Il peso non è mai costante, anche se più ti avvicini al centro, al nucleo, più tende ad esserlo. D’altra parte il problema del Trasporto non è il peso, piuttosto l’altezza e le oscillazioni ad essa dovute», spiega Marco. «In alcuni punti in pendenza del percorso, alcuni facchini sentono di perdere quasi il contatto con la struttura: a quel punto sono loro stessi che devono contrastare questa tendenza, per evitare che i compagni portino troppo peso. La Macchina va assecondata, e soprattutto, non si porta da soli». Le energie fisiche e mentali dei Facchini si sommano alle vibrazioni positive che arrivano dalla folla, assiepata ad assistere al Trasporto: è a questo che allude il capofacchino quando chiede a gran voce: “Semo tutti de ’n sentimento?”. L’energia totale è maggiore della somma delle sue parti, e ogni tre settembre può compiersi un miracolo di devozione e di sacrificio non ripetibile altrove e con altri protagonisti. «È difficile descrivere l’emozione che si può provare. Per me è naturale ma è difficile da comunicare. Per questo assistere al Trasporto in televisione non è esattamente la stessa cosa». Bisogna stare nelle vie, sottoporsi al rituale dell’attesa, respirare personalmente l’atmosfera che si crea, per percepire quell’emozione. «Io la sento, la respiro tutto l’anno». Essere un Facchino è qualcosa che si estende oltre la festività: oltre ai numerosi impegni di solidarietà e di rappresentanza, spesso è un valore che orienta l’intera esistenza. Marco è attivo nel sociale: «Ma lo sarei stato a prescindere dal mio essere Facchino. Dipende anche molto dalla personalità che uno ha. Non posso generalizzare». Insieme al capofacchino Sandro Rossi e al presidente del Sodalizio Massimo Mecarini, Gemini è stato recentemente presente alla Discesa dei Candelieri di Sassari e alla Varia di Palmi (RC), manifestazioni religiose gemellate con la Macchina di Santa Rosa insieme alla Festa dei Gigli di Nola, che il 4 dicembre 2013 hanno ricevuto dall’Unesco il prestigioso riconoscimento come Patrimonio dell’Umanità. «Quasi vent’anni fa è nata l’idea di coniugare le grandi manifestazioni di “macchine a spalla” italiane in una rete unica, con l’obiettivo di fare domanda di riconoscimento all’Unesco. Inizialmente era presente anche Gubbio con la Festa dei Ceri, ma poco dopo è uscita dalla rete. Il riconoscimento è arrivato, e abbiamo intrecciato tra di noi proficui scambi di cultura e di esperienze. Grazie al patrocinio Unesco è iniziata l’opera di diffusione nel mondo di queste importanti manifestazioni italiane. Intanto con la mostra internazionale “Machines for Peace” svoltasi già a Betlemme e a Praga, e che verrà replicata a Sofia e a Parigi. Vengono esposti bozzetti, foto e video, modelli delle divise. Le comunità estere si dimostrano attente e interessate». Dalla dimensione locale e tradizionale, questi eventi crescono e diventano messaggeri di pace e di collaborazione internazionale. Anche qui, ritorna l’importanza dell’insieme come valore fondante: «Per Viterbo sarebbe altrimenti difficile riuscire a divulgare così tanto la nostra realtà».

Quello del prossimo tre settembre sarà l’ultimo viaggio di “Gloria”: il prossimo anno ci sarà una nuova Macchina. «È l’ultima volta di Gloria, ma forse l’entusiasmo per la novità supera la malinconia del distacco. In questi giorni si sta decidendo quale sarà il nuovo modello. Vengono valutati tutti gli aspetti – peso, altezza, ingombro, volume – non soltanto quello puramente estetico. E l’esperienza maturata in passato non viene accantonata, anzi». Dopo il concorso di idee, verrà indetto il bando per chi la costruirà materialmente, dando inizio ad un anno frenetico, che potrebbe portare anche un’altra novità, come nel trasporto della Mini Macchina del Centro Storico, dove quest’anno è presente una ragazza. «Donne sotto la Macchina? Perché no», conclude Marco Gemini. «Il nostro Statuto non discrimina il sesso. Età dai diciotto ai trentacinque anni, sana e robusta costituzione, superamento della prova di portata, sono questi i soli requisiti richiesti. Del resto, da diversi anni al Sodalizio sono presenti donne come medici e infermiere». D’altra parte, il Trasporto è in onore di una ragazza, Santa Rosa, che nella sua breve vita dovette combattere per affermare ciò in cui credeva. Sarebbe un bel messaggio, di questi tempi, vedere qualche ragazza, forte e determinata, tra le file di coloro che attendono, con trepidazione, il grido “Sollevate e fermi!”.

Gemini family

Marco Gemini_facchino

Marco Gemini_trasporto

Marco Gemini foto di gruppo

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