Il corso di Laurea Magistrale a ciclo unico in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali dell’Università della Tuscia nasce cinque anni fa. Il percorso quinquennale ha come obiettivo la formazione di restauratori altamente qualificati da abilitare alla professione con un’inclinazione anche alla ricerca e alla sperimentazione. Rappresenta un unicum all’ interno dell’Ateneo viterbese per le attività che vengono svolte e per i traguardi che in questi pochi anni sono stati raggiunti. Abbiamo incontrato la professoressa Maria Ida Catalano, direttore dei laboratori di restauro dell’Università, per farci raccontare questa realtà e le sue potenzialità per accrescere l’attenzione verso tematiche sulle quali ciascuno di noi deve essere sempre più attento.
Il corso di Laurea in Conservazione e Restauro dei Beni culturali per l’Università della Tuscia rappresenta la pietra miliare dell’Ateneo, come si è evoluto dal suo nascere?
Il corso di Laurea è nato in continuità con la cultura del restauro che faceva già parte della storia della Facoltà poi Dipartimento di Beni Culturali, grazie a personalità come Maria Andaloro e ad altri storici dell’arte e archeologi di grande esperienza nel settore. È il coronamento di una tradizione ben collaudata. All’interno del dipartimento esisteva già il laboratorio di diagnostica intitolato a Michele Cordaro, docente presso la Tuscia e direttore dell’Istituto Centrale del Restauro di Roma. L’istituzione del corso di Laurea coincide quindi con una naturale evoluzione di tale tradizione. L’interdisciplinarietà per noi è fondamentale e stiamo lavorando anche su questo, grazie anche a una collaborazione esterna con l’ENEA. Il confronto tra le discipline e la complementarietà degli sguardi, che vengono da impostazioni differenti di ambito scientifico, umanistico e tecnico è alla base di una visione moderna del restauro da cui non si può prescindere. È un orizzonte che in Italia ha avuto dei precisi riferimenti teorici come Brandi, Urbani, Cordaro, la stessa Maria Andaloro, tutte voci che hanno fatto la storia del restauro in Italia e nel mondo.
Quali sono le opere restaurate dagli studenti?
Tante. Alcune anche molto importanti, provenienti da territori differenti. Gli studenti si sono confrontati con opere di grandi artisti, come Alessandro Algardi, Domenico Alfani, allievo di Raffaello, Pietro Bernini (padre di Gian Lorenzo) a Napoli, ma anche con dipinti e sculture dei primi secoli dell’arte cristiana provenienti dalla chiesa di Santa Maria Antiqua a Roma. Abbiamo affrontato gli stucchi cinquecenteschi della loggia di Palazzo Gallo a Bagnaia, elementi della cultura settecentesca napoletana, dunque penso al leggio e al suo intaglio ligneo, il fonte battesimale del Duomo di Viterbo. Abbiamo nei laboratori di restauro sculture della fine del Quattrocento della Napoli aragonese e lo scorso anno diverse opere di Guido Calori – uno scultore dei primi del Novecento – che arrivavano da San Gemini. Ci stiamo occupando delle case d’artista come quelle di Bonaria Manca e Kokocinski a Tuscania. Gli studenti hanno lavorato alle schedature conservative per le opere di Kokocinski ed effettuato interventi sulle opere di Bonaria Manca, che si trovano nei laboratori. Il filone delle case d’artista è importante, perché i ragazzi hanno la possibilità di confrontarsi con degli insiemi, lavorando sugli oggetti e sulle opere.
Può indicarci novità e opere nel programma di restauro presso i laboratori di Unitus?
Si sono avviati già degli interventi sugli stucchi della biblioteca di Santa Maria in Gradi. Altri su frammenti medievali di Ischia di Castro, di cui si sta cercando di ricostruire l’iconografia. Gli studenti del primo anno stanno lavorando su alcune tavolette votive di Santa Rosa. Abbiamo al momento nei laboratori una tela di Pietro Vanni che riprende in un rapporto 1:1 lo sposalizio di Lorenzo da Viterbo della Cappella Mazzatosta. Inoltre, per le tesi assegnate agli studenti dell’ultimo anno stiamo cercando di impostare un progetto organico a Orte, anche per quanto riguarda alcune tesi di dottorato. Una in particolare riguarda il borgo, quindi uno studio sulla morfologia e iconografia della città. Sono state assegnate altre tesi sulle pitture murali settecentesche a palazzo Nuzzi, su un crocifisso che fa parte della cultura della facciata del duomo di Orvieto di qualità eccezionale e su alcune opere del museo diocesano di Orte. Stiamo lavorando in modo tale che vi sia una correlazione con il territorio e che ci sia un rinvio non solo al corso di conservazione e Restauro, ma anche ai corsi di laurea magistrale. Il nostro obiettivo è di costruire una trama organica e speriamo di poter continuare a lavorare con la diocesi di Orte in questa direzione e naturalmente, di poter collaborare con la nuova amministrazione comunale viterbese. Siamo anche in procinto di chiudere accordi con alcune importanti istituzioni italiane che lavorano in ambito contemporaneo.
Quanto il corso può incidere nel patrimonio storico della città di Viterbo? Quale la sua rilevanza nella conservazione delle opere presenti sul territorio?
Secondo me, molto. I cantieri didattici necessitano di tempistiche particolari, poiché volti all’apprendimento. Ma i cantieri sono anche occasioni di ricerca e di riflessione intorno a tanti casi e problematiche presenti sul territorio. Ritengo di poter dire che qui a Viterbo abbiamo il meglio del restauro italiano. Credo che questo corso sia una risorsa importante per l’amministrazione locale che ha a disposizione un gruppo di professionisti specializzati tra restauratori, storici dell’arte, archeologi e diagnosti riuniti qui a Viterbo, disposti a confrontarsi e a lavorare insieme. Tali squadre possono essere di supporto alle soprintendenze, ai processi di valorizzazione, alla tutela e alla narrazione e promozione del territorio.
Gli incontri “Di Lunedì” sul restauro nella Tuscia rappresentano il filo di unione con la città. La prossima quarta edizione è quella risposta che vi aspettate?
Il nostro intento è quello di comunicare le esperienze che stiamo vivendo nei laboratori di restauro. Alcune delle lezioni hanno accolto le voci dei restauratori, docenti e specialisti di altissimo profilo professionale. Quest’anno si aggiungono anche Le Conferenze allo SMA, presso il Museo della città e del territorio di Vetralla, per rinsaldare un legame tra i laboratori e il Sistema Museale d’Ateneo, di cui il museo di Vetralla fa parte. Il binomio con Vetralla è particolarmente interessante perché mette in correlazione le problematiche museali e il restauro. Nelle scorse edizioni abbiamo avuto come ospiti personalità esterne come Pietro Petraroia, Elena Pontiggia, Stefania Zuliani e tanti altri proprio per conoscere voci che sono altro da noi. Venire alle conferenze e ascoltare la voce di protagonisti del territorio o di altre parti d’Italia può essere interessante e coinvolgente, anche per chi non è del settore.
Viterbo è ricca di Palazzi gentilizi, di cui il Laboratorio ha partecipato al restauro. Pensiamo a Palazzo Gallo a Bagnaia. Quali altri palazzi potrebbero entrare in un programma di restauro?
La selezione delle opere avviene grazie alla conoscenza del territorio, che ritengo sia indispensabile. La priorità che bisogna porsi è soprattutto di carattere didattico, quindi scegliere delle opere che abbiano effettive esigenze conservative. Per avviare i cantieri di restauro per prassi chiediamo le autorizzazioni alle soprintendenze. A Bagnaia il restauro di Palazzo Gallo è stato finanziato da privati, perché abbiamo in parte la possibilità di lavorare con fondazioni, come nel caso di Kokocinski a Tuscania, e privati. Se il palazzo non è di grandi dimensioni, il cantiere può essere programmato in più anni, com’è successo per Palazzo Gallo. Qualora, invece, un palazzo fosse di dimensioni più estese, si potrebbero pianificare dei cantieri pilota, indagando le problematiche di una porzione dal punto di vista storico, diagnostico e conservativo e potrebbe diventare un modello per realizzare degli appalti. Certamente per fare questo bisogna misurarsi anche con gli interlocutori e quindi confrontarsi con l’offerta globale che il territorio offre per questo settore.
Appuntamento:
25 Marzo ore 14.30
Di Lunedì Incontri sul Restauro nella Tuscia
IV Edizione/ a cura di Maria Ida Catalano e Paola Pogliani
Conferenza di Maurizio Coladonato
Scelte metodologiche per una pulitura a basso rischio chimico: miscele di solventi organici formulate con il TriSolv
Introduce Claudia Pelosi
Dove: Università degli Studi della Tuscia, Blocco F, Aula F-1
Riello , Largo dell’ Università