Maurizio Conticelli: “FER incompatibili con le caratteristiche di territori e dei paesaggi”

I signori del vento, dopo aver condizionato la UE, quindi il Parlamento italiano e i mass media nazionali con particolare riferimento alle TV pubbliche e private, grazie al sostegno di associazioni ambientaliste favorevoli alle FER a ogni costo e in ogni dove, hanno prima invaso l’Italia meridionale e insulare, per poi dirigere la loro azione nel Centro Italia, a partire dalla Tuscia viterbese nell’Alto Lazio con successivi tentativi di espansione in atto nella Maremma grossetana in Toscana e in Umbria nell’Orvietano e sull’Appennino. Non hanno però fatto i conti con le comunità locali, dove comitati spontanei e organizzati, associazioni, singoli cittadini e aziende, hanno messo a soqquadro i progetti caratterizzati da impianti eolici industriali (non chiamiamoli “parchi“, per favore) con enormi torri alte generalmente 200 metri. Si tratta di persone non affette da sindrome NIMBY, ma consapevoli della incompatibilità di questi progetti rispetto alle caratteristiche di territori vocati al turismo, alle produzioni agricole di qualità, alla tutela e valorizzazione del paesaggio e degli ambienti naturali, alle preoccupazioni per l’occupazione di nuovo suolo e per la svalutazione dei patrimoni immobiliari, alla ricerca continua di iniziative improntate alla sostenibilità in armonia con le comunità locali e nel rispetto degli atti di pianificazione territoriale ed urbanistica in capo alle Regioni ed ai Comuni. La forte mobilitazione delle comunità locali costituisce un elemento inatteso per coloro che davano per scontato il ricorso alle FER quale iniziativa fondamentale per le esigenze di decarbonizzazione e per la sicurezza energetica dopo la vicenda del gas russo. Niente di più discutibile e strumentale, come oramai sta emergendo sui territori, ove è sempre più evidente il fine speculativo degli impianti a FER, la cui iniziativa imprenditoriale si configura come un vero e proprio atto di colonizzazione di aree a bassa densità demografica, distruttiva delle identità territoriali e compromissoria dei progetti a dimensione locale, oltre che costosa per le bollette dei cittadini. Condividiamo e sosteniamo le iniziative dal basso, ove i comitati della Tuscia, della Maremma e dell’Umbria hanno sollevato vibranti proteste costringendo le istituzioni locali ad aprire gli occhi su quanto stava accadendo e a correre ai ripari, premendo a loro volta su regioni, organi parlamentari e organizzazioni di categoria. In base ai progetti sino ad oggi presentati sono state previste centinaia di mega torri eoliche che determineranno enormi impatti visivi da decine di chilometri su scala sovracomunale e interregionale, laddove oggi predominano paesaggi tradizionali quali risorsa autentica e non ripetibile del Bel Paese, mentre la risorsa vento di cui avrebbero bisogno gli impianti eolici è meno della metà di quella esistente nel Nord Europa. Da Orbetello a Manciano e Pitigliano, da Tarquinia a Tuscania, Farnese e Bolsena, da Orvieto a Bagnoregio, Montefiascone e Viterbo, da Gualdo Tadino a Nocera Umbra, Colfiorito e Assisi, tanto per citare alcuni dei comuni ed aree interessate ove sta vibrando la protesta, i progetti sono “Ecomuseo del Paesaggio Orvietano” Associazione EpoOk – Piazzale Ferruccio Parri, n.3 – 05015 Fabro (TR) Cod.Fisc.: 90016920556 P.Iva: 01671330551 Tel. +39 3792679038 Email. info@ecomuseodelpaesaggio.it Pec. ecomuseo.paesaggio.orvietano@pec.it – Web. www.ecomuseodelpaesaggio.it oggetto di marcate e numerose contestazioni, spesso sul metodo per carenze partecipative, prima ancora che nel merito. Le responsabilità dei Governi che si sono succeduti in questi ultimi anni sono enormi, a cominciare dalla mancata definizione dei criteri (sono quasi due anni!) in base ai quali le Regioni avrebbero dovuto entro i successivi 180 giorni individuare le aree idonee agli impianti a FER. Le controproteste di associazioni favorevoli a questi ultimi, che peraltro invocherebbero una ulteriore semplificazione normativa e la cancellazione delle Soprintendenze, sono del tutto risibili, se è vero che la disciplina normativa di settore consente di attuare questi progetti in aree agricole in deroga agli strumenti di pianificazione esistenti, sebbene si configurino come veri e propri insediamenti industriali. Se il Governo è di fatto latitante rispetto ai propri adempimenti, lasciando le comunità locali indifese nei confronti dei potenti Signori del vento, sono parimenti discutibili le attività della Commissione tecnica del MASE preposta alla verifica amministrativa e quindi alla istruttoria tecnica dei procedimenti di VIA dei vari progetti, ove ad esempio non si tiene conto dei pochi paletti messi a tutela del territorio, come nel caso delle fasce di rispetto dai beni paesaggistici e dai beni culturali che vengono sistematicamente elusi o nemmeno considerati dai proponenti. A questo punto emerge in tutta la sua nudità la miopia della manovra orchestrata dai Governi e dai Parlamenti con l’appoggio di alcune associazioni per attuare progetti in funzione degli appetiti dei Signori del vento e senza alcun rispetto per le comunità locali.

Fotografia

Maurizio Conticelli

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