Paola Viglino, una figlia degna di tanta madre (Elvia)

di Arnaldo Sassi

Paola Viglino

Un hotel a cinque stelle. E’ quello che si trova poco distante da Bagnaia, in località Novepani. Ma non è adibito a ospitare persone, bensì cani. Sì, è il canile comunale, gestito ormai da vari anni dall’associazione Amici Animali, la cui presidente si chiama Paola. Di cognome Viglino.
Un nome, una garanzia. Perché Paola è figlia di tanta madre: l’indimenticata Elvia, che da sola, a dispetto di tutto e di tutti, e soprattutto con le sue sole finanze, fece nascere e crescere quello che oggi è un canile di tutto rispetto, nonostante i problemi non manchino.
Paola vive in Umbria, a Umbertide, dove fa l’insegnante. Ma il venerdì pomeriggio, appena finita la scuola, prende la sua auto e parte per Viterbo. Anzi, per Bagnaia. Dove rimane per tutto il weekend. Lei è l’attuale presidente dell’associazione. E’ succeduta a Francesco Sterpa, che aveva preso il posto di Elvia Viglino alla sua morte. Il suo ruolo è quello di organizzare il lavoro settimanale degli addetti ai lavori, a cominciare dalle terapie necessarie per i cani più anziani o per quelli malati. Insomma, la priorità è una su tutte: far stare gli animali il meglio possibile.
E difatti il sabato mattina è lì. A darsi da fare, a coccolare le sue bestiole (sono circa 150), a curare quelle malate, a far giocare e zampettare quelle più giovani, che hanno bisogno di sgambature. Attività che i cani possono fare allegramente, visto che non sono rinchiusi in angusti box, ma possono spaziare in larghissimi recinti.

La passione per i cani. Un vizio di famiglia…
“Beh, sì. Io in mezzo ai cani ci sono praticamente nata. Mio padre aveva un tabacchificio e mi ricordo che, quando ci fu il terremoto dell’Irpinia, mia madre partì con una roulotte per prestare aiuto. Tornò con cinque cani e allora mio padre realizzò un recinto nel tabacchificio e furono messi lì. Poi c’erano i cani di mamma. E poi c’erano i randagi che all’epoca venivano accalappiati. Ma queste bestiole, se dopo alcuni giorni nessuno veniva a reclamarli, venivano regolarmente soppressi. Lei ebbe la sventura un giorno di assistere a questa triste cerimonia. Si arrabbiò tantissimo. Quando tornò a casa disse chiaro e tondo che lei avrebbe combattuto con tutte le sue forze questa barbarie”.

E allora cosa accadde?
“Accadde che i cani diventavano sempre di più. E allora Elvia decise di comperare a sue spese un terreno, quello dove ci troviamo ora, e di realizzare un canile, con l’aiuto di alcuni volontari. All’inizio era un canile privato. Mi ricordo che aveva comprato anche un furgoncino con il quale girava per le mense militari alla ricerca degli avanzi. E in quest’opera coinvolgeva tutta la famiglia. Ricordo anche che io non potevo uscire con le amiche se prima non ero passata a reperire il cibo per gli animali. Le sono stata dietro fino a 17 anni, poi sono partita perché dovevo studiare”.

Poi è arrivato l’Enpa…
“Sì. Fu lei a prendere i primi contatti con l’ente e dopo un po’ fu istituita la sezione di Viterbo”.

Un matrimonio che però è finito male…
“In verità per alcuni anni l’attività è andata avanti molto bene. Poi però i rapporti si sono pian piano deteriorati. Soprattutto per motivazioni di natura caratteriale e per incomprensioni, perché il canile è stato sempre gestito nel miglior modo possibile, con obiettivo principale il benessere degli animali. Pensi che mia madre, per tenere in piedi il canile, ha venduto tutte le sue proprietà, ma l’ha fatto con estremo piacere”.

E allora, racconti cosa accadde.
“Fu messa alla porta da un giorno all’altro. Misero reti oscuranti ai recinti dei cani e tutta la sua roba che stava nell’ufficio le fu fatta trovare in un secchio dell’immondizia. Poi le fu impedito addirittura di entrare”.

Quali furono le motivazioni?
“Ufficialmente quella del lavoro nero. Ma in quel periodo lì c’erano solo volontari. Certo, se uno doveva cercare un cane e arrivava fino a Canepina, mia madre gli rimborsava i soldi della miscela. Ma lo faceva di tasca sua. In realtà, la vera accusa è che mia madre spendeva troppo. Anche se lo faceva solo ed esclusivamente per far star meglio i cani. E spesso sganciava in proprio”.

E com’è finita?
“E’ finita che ci fu un processo e mia madre lo vinse. A quel punto entrò in scena il sindaco dell’epoca, Giulio Marini, che acquistò il terreno dall’Enpa, cui precedentemente mia madre l’aveva donato. E così il canile divenne comunale”.

Quindi, tutti felici e contenti…
“In un certo senso, sì. Fu fondata l’associazione Amici Animali alla quale fu dato il canile in gestione. Ma i problemi non sono mai mancati. Ad esempio cinque anni fa fu vietato l’ingresso a nuovi cani perché mancava la fossa asettica e alcune parti erano fatiscenti. Ma questo dipendeva dal fatto che nessuno aveva mai investito sulla struttura. Comunque, grazie alla collaborazione preziosa dell’assessore Paolo Barbieri, riuscimmo a risolvere tutti questi problemi e oggi i cani possono essere ospitati tranquillamente”.

I rapporti con la nuova amministrazione?
“Beh, è ancora presto per dirlo. Ma i presupposti sono ottimi e fanno ben sperare. La nuova sindaca si è dimostrata attenta e aperta a valutare le nostre esigenze. Qualche necessità l’abbiamo: il contributo forfettario è lo stesso da sei anni e quello per le spese mediche è fermo a quando c’erano solo 100 cani. Oggi sono 50 in più”.

Quali sono i mezzi di sostentamento del canile?
“Il Comune ci dà un contributo forfettario con cui paghiamo gli operai e altre spese, come l’acqua o l’energia elettrica. In questo modo riusciamo a fare da soli le piccole manutenzioni, senza chiamare ditte esterne e otteniamo un notevole risparmio. Poi c’è l’autofinanziamento. A Natale facciamo i calendari che vendiamo, poi ci sono le donazioni dei privati”.

Qualcuno in particolare?
“Uno che ci ha aiutato tanto è Evaldo Cipolloni. E’ lui che ha scattato le foto del calendario e ha devoluto al canile il ricavato dello stupendo fotolibro che ha pubblicato. Un altro affezionatissimo è Massimo Fornicoli”.

Come va con le adozioni?
“Sono tantissime e i canali social stanno aiutando molto. Certo, è molto più facile far adottare gli animali più giovani, quelli entro i cinque anni- Ma ultimamente siamo riusciti anche con due animali piuttosto anzianotti di taglia piccola”.

E gli abbandoni?
“Purtroppo sono tanti anche quelli. Quando arriva qualcuno e mi dice ‘lo faccio a malincuore’, neanche rispondo più. Purtroppo c’è chi non comprende che adottare un cane è come far aumentare la famiglia di un membro. E poi c’è il problema delle sterilizzazioni. Quando nascono otto, nove cuccioli, non sempre si riesce a farli adottare tutti e ci sono anche le adozioni fatte male. E allora il cane si ritrova quasi sempre per strada…”.

Mentre si sta parlando arriva Nino, un meticcio di mezza taglia che ha voglia di dimostrare tutto il suo affetto. Anche lui vuole ringraziare per questo bel racconto che, in fondo, riguarda anche lui. E lo fa a modo suo, con un dolcissimo “Bau, bau!”.
Ciao Nino!

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Elvia Viglino

Canile di Bagnaia

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