Pasta, paese di origine del grano va indicato in etichetta

“Tutto ciò che può servire alla nostra causa è il benvenuto”. Così Mauro Pacifici, presidente della Coldiretti di Viterbo, commenta la firma dei decreti interministeriali per introdurre l’indicazione obbligatoria della origine del grano sulle etichette della pasta. Viterbo, il granaio del Lazio, è in sofferenza. Sia per il vertiginoso aumento delle importazioni di materia prima, sia per il crollo delle quotazioni del prodotto nazionale, sia per gli effetti disastrosi della siccità e del caldo anomalo. “Se parliamo di grano duro il conto è presto fatto. Oggi raccogliamo tra i 25, massimo 28 quintali per ettaro rispetto a una media che normalmente va dai 40 ai 60 quintali. I raccolti – aggiunge Pacifici – sono crollati del 40-50%. Oggi un quintale vale già troppo poco. Così, quando in un solo giorno attraccano ai porti di Bari, Livorno e Ravenna navi che trasportano tonnellate di grano a 14 euro/quintale, che fare? Alcune piccole aziende hanno preferito non seminare, ora anche i produttori più grandi sono in difficoltà. Solo se mettiamo i consumatori nelle condizioni di poter scegliere e comprare la pasta fatta con grano duro italiano possiamo sperare di salvare il settore”. “Siamo leader nella trasparenza e qualità delle produzioni agroalimentari, per cui – aggiunge il direttore della federazione, Alberto Frau – dobbiamo essere i primi a contrastare una legislazione comunitaria che, ad esempio, consente di definire italiana la farina ottenuta dal grano straniero macinato in Italia. Valorizzare la distintività tricolore significa sostenere i produttori locali che per seminare un ettaro spendono fior di soldi e che, quando gli va bene, dalla vendita di 40 quintali ricavano a mala pena 800 euro. Sono sconfitti in partenza, non coprono nemmeno più le spese di produzione”. Fare agricoltura è anche tutelare il territorio. “Se smettiamo di fare grano – conclude Pacifici – resteranno incolti migliaia di ettari di campagne. Siamo il primo presidio di salvaguardia delle terre e dell’ambiente. Senza di noi le aree rurali sarebbero condannate all’abbandono e le zone montane allo spopolamento”

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