Un’antica benedizione irlandese recita: «Possa il suono di una musica leggiadra – E l’eco di una risata irlandese – Riempirti il cuore di felicità – Che duri e si rinnovi nel tempo. Possano i cardini su cui poggia la nostra amicizia mai potersi arrugginire». Tra i versi gentili emergono le linee guida del Festival Irlandese di Bassano in Teverina, che si è svolto dalla serata di venerdì 21 a tutta domenica 23 giugno. La celebrazione di un’amicizia tra culture, quella irlandese e quella italiana, separate dalla distanza chilometrica e da un’Europa che a volte rischia di dividere anziché unire. Ma è sorprendente la quantità dei punti che invece le accomunano: tra l’altro, la propensione a godersi la vita, l’amore per la musica, per l’arte, per il mangiare e bere bene. «Noi irlandesi siamo conosciuti come i napoletani del nord!», scherza Patricia Brennan, irlandese dai capelli ramati e dagli occhi azzurrissimi, nostra connazionale dagli anni Sessanta, da quando ha lasciato la sua verde isola per trasferirsi a vivere in Italia. Abbiamo voluto incontrare Patricia, che con la sua associazione In Connection ha organizzato il festival di Bassano, per farci raccontare la sua esperienza. L’appuntamento è nell’antica Chiesa dei Lumi di Bassano, un gioiello romanico carico di atmosfera e di pace. Davanti all’altare il palco in legno dove si sono svolti alcuni dei concerti in programma. «L’acustica di questa chiesa si presta moltissimo agli eventi che organizziamo», afferma Brennan. «E poi mi piace molto il suo stile, perché è così… scarno, essenziale». Per il Festival bassanese le severe ma accoglienti mura della Chiesa dei Lumi hanno accolto suggestivi concerti di arpa celtica, organetto e pianoforte, ma anche conferenze tematiche di docenti venuti appositamente per l’occasione. L’intero borgo, al confine tra la Tuscia e l’Umbria, si è animato per i colori delle mostre d’arte di artisti irlandesi, proiezioni di pellicole, e momenti conviviali di allegria. «Un festival dalle due diverse anime. Una parte più strettamente culturale e strutturata, accanto a quella dedicata alla spontaneità, all’allegria. In genere, i festival irlandesi si concentrano soprattutto sull’aspetto legato alla convivialità da pub, alla musica estemporanea e alla birra. Secondo me però viene a mancare l’approfondimento culturale, che è altrettanto importante, ed è bello fonderli in armonia». Patricia Brennan, un passato da antiquaria, vive in Italia dal Sessantotto; prima sceglie di abitare a Roma, poi viene a conoscenza della Tuscia e della zona di confine con l’Umbria, ed è amore a prima vista. «Nel centro storico di Orte ho trovato finalmente la casa che avevo sempre sognato, e che a Roma sarebbe stata fuori dalla mia portata. Insieme ad un’alta qualità della vita, alla tranquillità e ai paesaggi meravigliosi». Nella Tuscia – e allargando la visuale, nella vicina Sabina e all’altra sponda del Tevere – vivono numerosi irlandesi, ma non sono una vera e propria comunità. «Ad un certo punto mi è sembrato che la colonia degli stranieri di Tuscia fosse sconnessa dalle attività locali. Anche per motivi di barriera linguistica», continua Patricia, che allora ha deciso di fondare l’associazione culturale In Connection, proprio per cercare di avvicinare, attraverso la cultura e la musica, tutti coloro che, provenendo da un altro Paese, vogliano integrarsi maggiormente nel territorio di adozione. «La cultura, la musica uniscono tutti, senza problemi di comunicazione. E sono molto felice degli esiti», afferma. «Un evento come il Festival Irlandese fa superare l’incomunicabilità tra i popoli, permette di conoscersi meglio e di apprezzarsi a vicenda. È vero che molti già conoscono la musica irlandese, ma forse non conoscono ancora il nostro modo di essere… quanto ci piace stare insieme a cantare, improvvisare session di musica spontanea, magari davanti ad un bel bicchiere di birra. Qui a Bassano abbiamo già organizzato una serie di concerti di musica popolare, non solo irlandese, anche messicana. La chiesa si è riempita di centinaia di persone, in molti non avevano avuto mai occasione di ascoltarla. La comunità locale risponde con entusiasmo, e anche la collaborazione con l’amministrazione locale funziona bene e ci supporta molto. È un piccolo comune, con un sindaco giovane e aperto, fa piacere collaborare con loro e con molte altre realtà locali». Nel nostro immaginario di italiani sentiamo molto più vicini a noi gli irlandesi rispetto ad esempio agli inglesi. «La motivazione di base è senza dubbio quella storico – religiosa. Cattolicesimo e protestantesimo hanno predeterminato il carattere dei popoli. Noi irlandesi siamo un po’… caciaroni! Amiamo la musica, la famiglia. Siamo molto simili in questo ai popoli latini. Io sono venuta in Italia molto giovane, e quando uno espatria molto giovane abbraccia subito i modi di fare del popolo che lo accoglie. Se vieni da adulto sei già strutturato, pieno delle tue convinzioni di origine, e l’integrazione è un po’ più difficile». Patricia Brennan, metà irlandese metà italiana, ha le idee chiare riguardo all’istituzione Europa. «Sono convinta europeista, come tutte le persone della mia generazione», afferma. «Negli ultimi cinquant’anni l’Europa ha portato un benessere straordinario, sia all’Italia che all’Irlanda. È stata un’intuizione meravigliosa, ma certamente, con il passare del tempo, è sorta la necessità di riaggiustare la rotta». E poi, a proposito delle differenze tra Italia e altri Paesi europei: «Quello che spicca qui da voi è la non funzionalità delle cose, una burocrazia non abbastanza semplificata, la mancanza di soluzioni pratiche a problematiche relativamente e apparentemente semplici. Tutto considerato però chi ha scelto di vivere in Italia lo ha fatto perché la ama, ama il modo di vivere, la vostra cucina, la storia, l’arte…E poi se gli autobus non funzionano è un peccato, però non è la fine del mondo».