Piccioni avvelenati a Viterbo in piazza della Morte

di Mauro Galeotti

piccioni
Vivono all’aperto sempre.
Caldo, pioggia, freddo, gelo, niente li ferma.
Conducono una vita liberi di essere liberi. Sì i piccioni di Viterbo, eppure c’è qualcuno che addirittura li detesta e li uccide avvelenandoli.
E’ quello che accade ai piccioni che hanno la sventura di vivere nei dintorni di piazza della Morte.
Li trovi qua e là morti, vigliaccamente attratti dal cibo, che manca sempre, e una volta ingerito, lentamente, lentamente, con estrema sofferenza… Muoiono.
Dov’è quel san Francesco grande amico degli animali che tanto amore ha divulgato verso essi?
Filo conduttore della sua esistenza è stato il rispetto per la natura e non a caso san Francesco chiamava fratello il Sole e sorella la Luna, per lui tutti gli animali meritano rispetto e il suo “Cantico delle creature” inizia proprio con una lode: Laudato sie, mi’ Signore cum tucte le Tue creature.
Ma non è così per qualcuno cattivo d’animo, qualcuno che punisce l’esistenza di indifese creaturine che cercano solo di animare e far vivere fontane e piazze ad imitare i loro simili più fortunati che vivono a Venezia, amati dai veneziani e ancor più dai turisti che li vedono svolazzare simpaticamente attorno a loro.
Ma la notte quel “qualcuno” che avvelena i piccioni riesce a dormire?
A chiudere gli occhi senza rimorso, senza vergognarsi per quello che con vigliaccheria ha fatto?
Sono certo che queste brutte persone si calano nel ruolo di giustizieri e credono, a torto, di fare un favore alla società, ma la motivazione è anche un’altra, in loro è il desiderio di sfogare le proprie frustrazioni e insoddisfazioni prendendosela con chi è debole, consapevoli di poter restare facilmente impuniti, come capita ai vigliacchi.
Ma i vigliacchi ricordino l’articolo 544 bis del Codice Penale, rubricato “uccisione di animali” che così recita: Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni. 
Avvertiti.
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