Lui nella Tuscia c’è arrivato da poco tempo. Ma ha subito cominciato ad amarla. Anche perché il posto dove soggiorna è quello che ti fa leccare i baffi: la casa di riposo Bellorizzonte, a Capodimonte. Con tanto di vista sul lago. Già, perché il personaggio di cui parleremo ha ben 95 anni (portati benissimo) e la Tuscia nei giorni scorsi ha voluto essere il set di una grande festa in suo onore, per ricordare degnamente il suo passato di grande sportivo e soprattutto di judoka.
A Pio Gaddi (questo il suo nome) infatti, è stata consegnata una delle massime onorificenze previste per questo sport: la cintura rossa (con tanto di nome ricamato) e il diploma di nono Dan. A darglielo è stato il presidente della commissione nazionale Mga Enzo Failla, che tra l’altro è stato anche un ex allievo di Gaddi, accompagnato da Nazzareno Tardani.
Gaddi, nato a Roma il 15 marzo 1929, iniziò a praticare questo sport quando era appena ventenne, ed è lui stesso a raccontare l’episodio che lo spinse a questo passo.
“Stavo andando all’università – esordisce – e poco lontano c’era una manifestazione studentesca. Io stavo per i fatti miei ma due poliziotti mi si avvicinarono e uno di loro mi dette una manganellata, che mi colpì di striscio. Io reagii e lo misi al muro, ma non mi ero mai picchiato con nessuno e non sapevo cosa fare. Allora gli detti uno spintone e scappai via”.
Va bene. Ma questo che c’entra col judo?
“Cominciai a pensare che dovevo fare qualcosa per difendermi, caso mai mi fosse ricapitato un episodio simile. Poi, qualche mese dopo, andai a vedere un film con Jim Kelly, dove c’erano molte scene di judo. Mi si accese la lampadina: dovevo imparare quello sport”.
E lo fece?
“Non subito, perché a quel tempo a Roma c’era una sola palestra, ma era troppo lontana da casa mia. E allora, per un anno, mi dedicai al pugilato”.
E quando passò al judo?
“Quando fu aperta una palestra nei pressi di piazza Cavour, prima sotto la guida del maestro Ken Noritomo Otani, poi del maestro Tommaso Betti Berutto”.
E le cose come andarono?
“Bene. Sin da subito. Mi specializzai soprattutto nelle tecniche che servivano per uscire dalle immobilizzazioni. E divenni anche più bravo del mio maestro”.
Quando cominciò a gareggiare?
“Nel 1951, a Genova. Vinsi il primo combattimento e fui iscritto ai campionati italiani che erano in programma a Napoli. Ma pochi giorni prima fui investito da una Vespa e così dovetti saltarli”.
Una vera e propria sfortuna…
“Sì, ma mi rifeci nel 1952 ai campionati europei di Parigi, dove arrivai in semifinale e vinsi la medaglia di bronzo. Prima medaglia di un italiano in questo sport”.
Ha partecipato ad altri campionati europei?
“Oltre a quelli del 1952 ho vinto le selezioni nel 1954, nel 1955 e nel 1956. Ma nel 1953 fui di nuovo bersagliato dalla sfortuna”.
Perché?
“Avevo vinto anche quelle selezioni, ma pochi giorni prima delle gare mi arrivò la cartolina che dovevo partire per il servizio militare. Provai a chiedere un breve rinvio, ma non ci fu nulla da fare. E così quei campionati saltarono”.
Lei ha fatto anche il maestro di judo…
“Sì, ho insegnato alla scuola militare di educazione fisica di Orvieto dal 1954 al 1956, nei corsi di perfezionamento di judo. Sono stato il primo Insegnante al Judo Club Jigoro Kano di Milano durante il 1956. Ho insegnato difesa personale alla scuola ufficiali Carabinieri di Roma nel 1957-58. Poi ho insegnato judo all’Istituto Massimo di Roma dal 1958 al 1968. Ho fondato e diretto il Judokwai Roma dal 1958 al 1978. Infine, come maestro di judo, ho insegnato difesa personale in Vaticano dal 1980 al 1990 alle Guardie Svizzere, agli Agenti di Vigilanza e ai custodi dei Musei Vaticani. Ho anche avuto allievi che sono stati Azzurri nella squadra Nazionale”.
E alla fine è arrivato anche a fare l’arbitro…
“Sì, ho fatto anche quello. Arbitro nazionale dal 1955 al 1989. E arbitro internazionale dal 1958. Il primo mio campionato europeo lo arbitrai a Barcellona nel 1958, ma poi sono seguiti circa quaranta tornei, tra gare internazionali e campionati europei”.
E le Olimpiadi?
“Ne ho arbitrate quattro: Quelle di Monaco del 1972, di Montreal nel 1976, di Mosca nel 1980 e di Seoul nel 1988”.
E adesso?
“Adesso mi godo il mio meritato riposo”.