RACCONTI BREVI/Tulipani

MAN

Era arrivato a metà circa della strada che lo separava dalla casa di sua zia. Non aveva trovato il coraggio di chiamare i suoi per dire loro del piccolo incidente avvenuto in casa. Semplicemente aveva lasciato che la stufa continuasse a bruciare, e ancora più semplicemente se n’era andato. Una macchina gli si era affiancata, chi era alla guidava tirò giù il finestrino: << Hai l’aria spaventata ragazzo >>. Era bello in carne e sulle spalle era coperto di forfora: << Dove te ne vai conciato così? >>. Nella fretta di uscire aveva dimenticato di infilarsi le scarpe, era rimasto solo con il pigiama e una felpa marrone: << Se ti serve un passaggio da qualche parte…>>. Il ragazzo annuì, anche se era la prima volta che accettava un passaggio da uno sconosciuto. Era capitato il contrario, molto tempo prima, con suo padre di ritorno da un laghetto poco fuori città dopo una giornata passata a pescare. Intimorito da quell’uomo seduto in macchina con loro, passò la maggior parte del viaggio a fargli domande su chi fosse, da dove venisse, se avesse figli grandi come lui. A ripensarci, non gli sembrò la più grande delle idee. Ci si immagina sempre che situazioni di questo tipo finiscano male: << Ti devo lasciare qui, io svolto a sinistra >>. Scese ringraziandolo con un cenno della mano. Camminava rasente ai palazzi, gli sembravano tutti uguali, ora non ricordava nemmeno quale fosse quello in cui stava sua zia. Il rombo di un aereo gli passò sopra,  abbassò il busto coprendosi le orecchie, lo guardò in lontananza lasciare una scia curva vagamente biancastra in cielo. La ricerca continuava senza esiti positivi, un paio di volte credeva di averlo individuato, ma scorrendo i nomi sui citofoni svaniva in fretta quel senso di appagamento. Si era fermato a guardare dei fiori che spuntavano dalle crepe sull’asfalto, i segni di catrame nero attorno ai gambi, le striature impresse dai tubi di scappamento: << Che diamine ci fai qui?! >> alzò gli occhi e dal balcone al piano terra sotto cui si era fermato la zia presa ad innaffiare lo invitò a salire. La cucina era in ordine, non troppo pulita, ma in ordine:

<< Si può sapere cosa ci fai qui? E perché sei in pigiama?! >>

<< Stavo poco bene e sono rimasto a casa. Ma devi farmi raccontare questa storia così com’è, ok? >>

<< Hai ripreso a stare male, lo sapevo. Tua madre o tuo padre sanno almeno che sei qui? >>

Il ragazzo si versò un bicchiere d’acqua, fissò i tulipani che erano sul tavolo in un vaso arancione, parecchio appariscente. Diede l’ultimo sorso, scambiò un paio di sguardi con la zia: << Ti ricordi la stufa che mio padre aveva preso un paio di natali fa? >>

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