Con il secondo racconto della terna annunciata, vi porto Londra per capirne la cultura gastronomica e la nostalgia del buon cibo italiano. Buona lettura.
IL VERO CIBO ITALIANO
Autunno del 1977, si respira ancora l’aria della Swinging London, però non durerà
molto: si vedono già parecchi punk che si contendono i punti di ritrovo come Sloane
Square con i più eleganti mods. Ma per Donatella, italiana appena diciottenne fresca di
maturità classica, sbarcata come migliaia di altri ragazzi da un volo charter atterrato
nello scomodo aeroporto di Luton, Londra è la realizzazione di un sogno. Il sogno
dell’indipendenza e quello d’imparare bene l’inglese, cosa che ha desiderato fin dalle
elementari.
Ed è con questo spirito che ha fatto i bagagli. Però Londra è anche il posto dove, lo
sanno tutti, il cibo è pessimo. E soprattutto non si trova la pasta, l’olio, il parmigiano, il
caffè e tutte quelle cose a cui noi italiani siamo “svezzati”. Ecco perché i suoi le hanno
infilato in valigia qualche pacco di pasta e uno di caffè, con moka regolamentare. Ha
scampato l’olio Evo solo paventando danni irreparabili ai vestiti.
Non è sicuramente un caso isolato, almeno a giudicare dal sorriso ironico del
funzionario della dogana che, con sua grande fortuna, ha deciso di controllare proprio
la valigia di Donatella: “You Italians…without spaghetti don’t survive”.*
Ma poi per molta parte della sua lunga permanenza nella capitale inglese, il cibo
italiano non le manca granché. Anzi, scopre tante cucine diverse: cinese, indiana,
greca, libanese e, udite udite, anche inglese. Già perché se si sa cosa scegliere anche i
menù britannici possono offrire ottime sorprese: la sheperds pie, il roastbeef, il
Christmas pudding, gli scones per il tea.. Certo, niente a confronto delle centinaia di
ricette diverse e variate della nostra penisola, ma tra uno spaghetto stracotto servito
accanto ai bastoncini di pesce e una fetta di arrosto col gravy e smashed potatoes
meglio il secondo.
Insomma, a parte un po’ di nostalgia per un buon espresso, per mesi Donatella non
sente troppo la mancanza dei manicaretti di casa. Non va alla ricerca di “veri”
ristoranti italiani come tanti suoi connazionali. Né si arrischia a comprare prodotti
tricolore nei pochi negozi che li vendono: la qualità è perlopiù bassa e il prezzo
altissimo.
Un giorno, nel reparto “Chine and glass” del grande negozio dove lavora come
commessa, arriva Trevor, un nuovo capo magazziniere, appena due anni più grande di
lei. E’ irlandese: una testa di riccioli rossi, occhi verdi, “freakles” sul naso e
soprattutto un carattere allegro, estroverso, una voce calda. Tutt’altro rispetto agli
altri colleghi: gli inglesi sempre riservati, almeno fino alla terza o quarta birra al pub,
quando diventano spesso maleducati e insistenti, fino ad allungare le mani. Quelli di
origine indiane o cinesi restii a frequentare ragazze estranee alle proprie comunità.
Insomma Donatella si prende la classica “cotta” per Trevor: fanno amicizia, prima
quattro chiacchiere tra gli scaffali poi durante il coffee break. Fino a un paio di
serate al pub, una al cinema e un’altra in discoteca. Ottimo per fare pratica con
l’inglese!
Donatella è su di giri, quando è nel suo piccolo appartamento che divide con Diana, una
ragazza romana, e quando è alla scuola serale che frequenta pensa spesso al ragazzo.
E come capire se anche lui è interessato a lei. I segnali ci sono, ne è sicura: poi lui dice
sempre di amare l’Italia, di cui conosce (incredibilmente) i dischi della Pfm e del
Banco. “I love Italian food” le dice spesso… Ecco quindi l’idea, un po’ azzardata ma
chissene: “Lo invito a casa per una cena tutta italiana”.
Il menù, pensa Donatella, dovrà essere variato, così da fargli assaggiare più cose,
anche se si sa, solo gli Italiani “reggono” un pasto completo dall’antipasto al dolce. La
ragazza parte alla ricerca di ciò che le serve, nelle Food hall di Selfridges, Harrods e
soprattutto sale fino all’ultimo piano di Harvey Nichols, vale a dire il Tiffany del cibo.
Donatella ha in mente dei piatti che sa di saper cucinare. Compra tutto in necessario,
pure una bottiglia di Montepulciano d’Abruzzo: le sterline che spende sono davvero
tante, soprattutto per lei che cerca di mantenersi da sola, senza pesare sui suoi.
Arriva il grande giorno. E’ un sabato, che lei passa ai fornelli. Si è accordata con Diana:
lei le lascerà campo libero per un paio d’ore. Alle 19 lui arriva, la tavola è
apparecchiata come meglio permettono le spartane dotazioni della casa, ma ci sono i
doppi bicchieri! Si comincia con l’antipasto: crostini mozzarella e salsa di acciughe,
come li fa suo padre. Trevor ne assaggia giusto un pezzetto e non fa commenti di
sorta. Vabbè, andrà meglio col primo: fettuccine paglia e fieno alla panna con funghi e
pancetta. Il ragazzo gira e rigira la forchetta nel piatto, appena un paio di bocconi. E
nessuna parola, solo sorrisi e una richiesta: “Do you have a Guinness, by chance?**”.
Donatella è sconcertata… Al momento del dolce, che è un budino al cioccolato
fondente, Trevor ne ingoia un paio di cucchiaini e finalmente parla: “Sorry if I didn’t
apreciate, but I did not like those things. I was hoping you would have cooked real
Italian food: like spaghetti with meatballs! Those I really like!***”.
Donatella è decisamente affranta. Ma non è finita: Trevor rifiuta la tazzina di caffè
della moka e, ennesimo colpo al cuore, chiede un “cappuccino”. Poi saluta e se ne va,
abita a parecchie fermate di metro e dice di doversi svegliare presto il giorno dopo.
“It’s Sunday, my girlfriend who lives in Brighton is free and is coming to visit me****”.
Di lì a poco Diana torna a casa. Per trovare Donatella totalmente sbronza: il
Montepulciano quelle sterline le valeva tutte!
China and Glass, dove si vende porcellana e cristallo
Freakles, lentiggini
* Voi Italiani.. Senza spaghetti non sopravvivete
** Hai una Guinness, per caso?
*** Scusa se non ho appezzato, ma a me non piacciono quelle cose. I speravo che
avresti cucinato vero cibo taliano. Come spaghetti con polpette! Quelli mi piacciono
davvero!
****E’ domenica, la mia ragazza che vive a Brighton è libera e viene a trovarmi
foto: Tradizioni, your local Italian a Cambridge di Andrea Scaramuccia
L’autrice*
Cristiana Vallarino è nata a Roma, ma è cresciuta a Civitavecchia, dove ha frequentato il liceo classico e dove, giovanissima, ha mosso i primi passi nella locale redazione de “Il Messaggero”. Qui, dopo un paio di anni come vice caporedazione a Latina, ha proseguito la sua carriera di giornalista nella testata, spostandosi poi a Roma, nella sede centrale, e nella redazione di Viterbo, fino alla sua pensione. Si è laureata in lingue e letterature straniere a La Sapienza di Roma, con una tesi su Alfred Hitchcock, e, grazie all’ottima conoscenza dell’inglese, ha vissuto a Londra, collaborando con la BBC Italiana Section, e ha trascorso lunghi periodi anche negli Usa, a Washington e in California. Qui è stata uditrice al Communication Department della Santa Clara University. Al momento collabora con due testate online Tusciaup e Terzobinario. Ora vive a Tolfa, con il marito Giuseppe e la figlia Giulia (che, seguendo la strada materna, studia comunicazione digitale a La Tuscia) e molti gatti. Le piace la lettura, il cinema e la cucina. Unendo le sue passioni e la sua professionalità, da qualche tempo si dedica alla scrittura, prediligendo il racconto.
Prossimo appuntamento con il terzo romanzo breve l’11 maggio