Era il 7 ottobre 1981 – esattamente 41 anni fa – quando Luigi Petroselli, sindaco di Roma (Giggetto per i viterbesi) scomparve improvvisamente per un malore che lo colpì subito dopo aver tenuto un discorso al Comitato centrale del Pci, in via delle Botteghe Oscure, a quel tempo storica sede del partito.
Fu un duro colpo per i romani, che lo consideravano er mejo sindaco de Roma, tanto è vero che lo avevano rieletto primo cittadino appena un mese prima. Ma anche per i viterbesi, che lo avevano visto crescere nel quartiere di Pianoscarano e ne avevano apprezzato le sue qualità – al di là degli schieramenti ideologici – e la sua attività politica, dettata da tanta intelligenza e da tanto acume, nonché da tantissima passione.
Era nato infatti proprio a Pianoscarano Giggetto, il 1° marzo 1932, dai coniugi Giulio Petroselli, un tipografo e militante comunista, ed Eufemia Fratini, casalinga e fervente cattolica, come primo di quattro figli. Dopo la scuola elementare e prima della fine del ciclo di studi, iniziò a frequentare il seminario con l’intenzione di entrare nel sacerdozio, senza però rinnegare l’ideologia comunista. In quel periodo, ironia della sorte, ebbe come compagno di stanza quello che sarebbe poi diventato monsignor Salvatore Del Ciuco. Poi però, scelse di proseguire gli studi presso il liceo classico viterbese e si iscrisse successivamente alla facoltà di lettere dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”.
Iniziò ad interessarsi alla politica in giovane età, andando a fare lo strillone per il giornale L’Unità durante la campagna elettorale per le elezioni politiche del 1948, e due anni dopo si iscrisse al partito Comunista, divenendo a distanza di un anno attivista provinciale. Durante la sua militanza si occupò principalmente della lotta per l’attuazione della riforma agraria, in particolare per l’occupazione dei terreni lasciati incolti nella tenuta della famiglia Colonna a Bomarzo. Occupò le terre insieme ai contadini e per questa ragione fu arrestato nell’ottobre 1951 e condannato a dieci mesi di reclusione per “aver istigato l’invasione di terre di proprietà altrui”. La condanna sembrò comunque accrescere la sua fama sia tra i contadini stessi, che nella dirigenza del partito, tanto è vero che entrò a far parte sia della dirigenza provinciale, che del comitato federale.
Nel 1953 fu scelto come responsabile organizzativo del partito a Viterbo. Le sue posizioni sul comunismo gli costarono tuttavia una sempre maggiore emarginazione all’interno della dirigenza viterbese, allora guidata dal senatore Enrico Minio, e lo portarono da un lato a contribuire alla fondazione dell’Unione provinciale degli artigiani (affiliata alla Confederazione nazionale dell’artigianato), mentre dall’altro riprese il lavoro di corrispondente per conto de l’Unità.
Divenne poi consigliere comunale a Viterbo e contemporaneamente diventò prima responsabile della commissione agraria e della commissione culturale della Federazione provinciale, per poi arrivare alla guida della Federazione comunista viterbese nel 1962. Rimase segretario provinciale del partito fino al 1970 e fu nel frattempo eletto al comitato centrale durante l’XI Congresso nazionale svoltosi nel 1966. In qualità di segretario provinciale si interessò con particolare attenzione al piano regolatore cittadino e promosse la municipalizzazione dei servizi idrici.
Si sposò con Aurelia Sergi, un’insegnante di matematica e scienze di origini siciliane, il 5 febbraio 1966 in Campidoglio. Nel 2017 sarà proprio la moglie a donare il suo archivio personale al Comune di Roma, che per l’occasione allestì una mostra nella sala Santa Rita di piazza di Campitelli.
Da sottolineare che nell’agosto 1968 fece prendere alla Federazione viterbese una posizione molto dura nei confronti dell’Unione Sovietica, in seguito all’invasione della Cecoslovacchia, senza aspettare che il partito a livello nazionale prendesse una posizione ufficiale. Nel 1969 fu chiamato a Roma per dirigere il comitato regionale del Lazio al posto di Enrico Berlinguer, diventato nel frattempo vicesegretario del Pci, e fu eletto l’anno successivo segretario della Federazione comunista della capitale.
Da segretario della Federazione romana si impegnò sempre nelle politiche urbanistiche, portando l’attenzione sulla delicata situazione delle borgate romane con l’intenzione di ridurre il divario della qualità di vita tra centro e periferia. Dopo le elezioni comunali del 1976 e la vittoria del Pci, favorì la designazione come sindaco di Roma dello storico dell’arte Giulio Carlo Argan, primo amministratore non democristiano del secondo dopoguerra.
Alle dimissioni di Argan, rassegnate per motivi di salute, Petroselli fu eletto sindaco, venendo riconfermato alle elezioni del 1981 dove ricevette 130 000 voti di preferenza. La sua attività politica fu particolarmente caratterizzata dall’ascolto della cittadinanza e dal contatto diretto con il popolo, a partire dai ceti meno fortunati e dai lavoratori, che furono così avvicinati all’istituzione comunale.
Da sindaco portò avanti il progetto di risanamento delle periferie, interessandosi contestualmente alla riduzione del traffico privato nel centro città, con le prime pedonalizzazioni festive di via dei Fori Imperiali, e alla salvaguardia delle aree verdi. Insieme ad Antonio Cederna realizzò un progetto di riorganizzazione dell’area archeologica del Foro Romano, portando ad un’unificazione dell’area compresa tra il Colosseo e il Campidoglio. Firmò un protocollo d’intesa con le principali imprese edili al fine di favorire l’economia pur mantenendo un criterio nell’espansione della città e alto il numero di aree verdi nel territorio comunale.
Dopo numerosi ritardi nei lavori di realizzazione, nel 1980 inaugurò la seconda linea della metropolitana, ribattezzata linea A, nella tratta da Ottaviano a Cinecittà. E sviluppò oltremodo le iniziative della storica Estate romana, ideata pochi anni prima dall’assessore alla cultura Renato Nicolini.
Come si è detto, morì per un improvviso malore, dopo aver tenuto un discorso al comitato centrale del Pci. Al suo funerale, che si tenne a Roma, presero parte anche il presidente della Repubblica Sandro Pertini, il cardinale vicario Ugo Poletti e il sindaco di Parigi Jacques Chirac. Venerdì 7 ottobre , alle ore 11, la famiglia lo ricorderà con un momento di raccoglimento davanti alla tomba, al cimitero di San Lazzaro, assieme a quanti condividono i valori che hanno ispirato la sua vita.
Ps: ebbi la fortuna di conoscere personalmente Luigi Petroselli il 28 ottobre 1979, purtroppo in occasione di un evento tragico: l’omicidio di Vincenzo Paparelli, ucciso da un razzo all’interno dello stadio Olimpico prima di un derby Roma-Lazio. Io, giovane cronista de Il Messaggero, lo incontrai all’uscita dell’ospedale Santo Spirito, dove si era recato per rendere omaggio alla salma del povero tifoso. Scambiammo poche parole, ma da quelle trasparì subito la sua profonda umanità, che lo hanno reso nel tempo un uomo indimenticabile.