Sette Città, Emanuele Paris: ho scelto la piccola editoria perché scrivere è un modo di vivere

di Carolina Trenta

Emanuele Paris

Emanuele Paris respira il mondo dei libri per una tradizione famigliare: la sua famiglia è infatti titolare della rinomata libreria Fernandez in via Mazzini a Viterbo, dove i giovani Paris, Emanuele e Federico, sono cresciuti in compagnia dei libri. Il luogo creativo di Emanuele è in realtà una piccola stanza nel piano sottostante della stessa libreria, qui vive la sua giornata dando libero accesso ad autori rodati e alle prime armi che,soprattutto dopo il fermo della pandemia, quello specchio davanti a cui siamo stati costretti a fermarci, hanno ripreso il loro ritmi.

Emanuele è pacato e accogliente, rassicura e ascolta i suoi autori, anche quelli che per la prima volta si avvicinano al mondo della scrittura, che sia saggistica, romanzo o poesia.

La casa editrice Sette Città, il cui nome è legato al mito coloniale delle sette città d’oro, incomincia la sua attività nel 1992 con un volume di Silvano Peloso, La voce e il tempo, tenendo sempre presenti i modelli storico-letterari della tradizione portoghese. L’anno successivo esce la ristampa anastatica della quinta edizione di Cesare Pinzi, I principali monumenti di Viterbo, pubblicato per la prima volta a Roma nel 1889 dalla Tipografia della Camera dei Deputati. Sono così poste le due missions della giovane casa editrice: la collaborazione con l’Università degli Studi della Tuscia e il recupero della storia di Viterbo, che rimarrà il punto focale delle sue collane. E’ proprio con Pinzi che  prende il via una continua curiosità per la storia e la cultura del nostro territorio: lo abbiamo visto con la trilogia del giornalista Luciano Costantini, all’interno della collana Progetto Memoria (collana a cui Emanuele è particolarmente legato), così come con molti altri, pensiamo all’ultimo gioiello “La guida più piccola d’Italia del cammino più piccolo d’Italia.” di cui è autore il quarantenne viterbese Stefano Mecorio, lanciato pure sulle maggiori piattaforme.

Fin qui la traccia storica. Poi il presente.

In una calda mattina di fine giugno Emanuele Paris ci parla un po’ più di sé… Soprattutto ci spiega che essere indipendenti significa  fare delle scelte controcorrente, lavorando sulla propria identità e favorendo l’incontro dei propri libri con nuovi lettori.

Come è arrivato a essere un editore libero? 

La casa editrice nasce perché mio padre Dino era molto amico di Silvano Peloso e insieme volevano iniziare a lavorare sul territorio; del resto, un grande desiderio di chi lavora con i libri è iniziare a farli. All’inizio degli anni 2000 la persona che si occupava di Sette Città è andata via e così sono subentrato io. 

Le case editrici indipendenti appartengono alla piccola editoria e operano maggiormente in settori di nicchia con fini artistici e artigianali, piuttosto che commerciali. Cosa differenzia Sette Città? 

Ben poco, in realtà. All’inizio il mio più che un lavoro vero e proprio era una passione, solo dopo ha preso una piega più commerciale. Appena ho cominciato, il sostegno della libreria dei miei genitori (anche e soprattutto economico) è stato fondamentale, il piccolo editore ha infatti dei costi e dei rischi di impresa piuttosto alti da sostenere.

Si è rifiutato di pubblicare testi che poi magari hanno pubblicato altri? 

Sì, non pubblico tutto, c’è una linea editoriale ben precisa da tenere. A volte abbiamo provato ad avventurarci in territori inesplorati, come i libri per bambini, ma siamo sempre tornati ai nostri cavalli di battaglia: le pubblicazioni universitarie e la letteratura varia.

 Chi sono gli autori della piccola editoria? 

Per quello che ci riguarda sono docenti universitari, ricercatori o comunque persone che gravitano intorno all’ambito scientifico. A volte sono autori locali che desiderano pubblicare i loro testi, ma viene fatta un’attenta valutazione prima.

Dalle sue collane si evince l’enormità dell’offerta e del lavoro della casa editrice per far conoscere il presente e il passato del territorio nel quale opera…

La scelta di lavorare sul territorio è legata alla mia città, anche se non sono del tutto viterbese… Mia madre è spagnola e mio padre, del posto, qui ci è tornato dopo essere stato lontano per un po’. Tuttavia, Viterbo è la città che ci ha sempre sostenuto sia da un punto di vista commerciale che culturale e le collane locali rappresentano per me un modo per saldare un debito di riconoscenza.

I libri pubblicati sono particolarmente ambiti dai collezionisti che vanno alla ricerca di edizioni poco comuni? Si tratta di un pubblico di nicchia? 

Direi di no, mi piacerebbe molto avere fenomeni di collezionismo ma purtroppo non ne abbiamo. Il nostro è un pubblico che forse potrebbe essere definito di nicchia, in quanto tanti sono studenti universitari e appassionati di storia. Abbiamo infatti molte pubblicazioni riguardanti la storia dell’Europa Centrale e una rivista sull’emigrazione italiana all’estero che conta parecchi abbonati.

Come si divide nelle sue collane la fetta di lettura tra giovani e maturi? 

Le collane che non hanno un taglio universitario sono lette per lo più da persone adulte, i giovani le leggono perché “obbligati” per motivi di studio. I ragazzi curiosi di argomenti così particolari e specifici sono veramente pochi.

Come distingue fra qualità e quantità, fra proposte commerciali e riuscita editoriale? 

La qualità è generalmente giudicata dai direttori di collana, quindi per le collane universitarie dai professori. Per quanto riguarda la letteratura varia mi baso molto sulle emozioni; innanzitutto, cerco di entrare in empatia con la persona che ho di fronte, poi leggo il testo. Se mi piace, lo faccio leggere ad altri per avere un riscontro più ampio, che se risulta positivo porta alla pubblicazione.

Su cosa punta molto in termini di promozione?  

Oggi i social media vengono utilizzati tantissimo per incoraggiare le nuove uscite, ma personalmente non li amo molto. In quel contesto è tutto più veloce e c’è il rischio che la promozione di una pubblicazione diventi obsoleta in pochissimo tempo. Pertanto, più che sull’immagine, preferisco puntare sull’indicizzazione: sappiamo infatti di avere pubblicazioni forti, come la saggistica, che invecchia molto lentamente.

 

Gli autori hanno preso coscienza del fatto che la loro attività di promozione del libro è fondamentale e ormai indispensabile? 

Molti sì, con altri ci sono un po’ più di difficoltà. Per quanto riguarda la distribuzione siamo in grado di coprire tutto e all’autore diamo il massimo supporto, soprattutto durante la promozione del libro, ma mettiamo subito in chiaro che la nostra è una casa editrice piccola.

 

Dove stampa? 

Principalmente da tipografie attive sul territorio: per ragione di costi mi servo spesso da una tipografia digitale che sta vicino Monterosi, mentre a Viterbo sono legato anche affettivamente alla tipografia Quatrini.

 

C’è un rinnovamento dell’intero sistema per cercare nuovi equilibri e soprattutto nuove vie di conservazione? 

Quello dell’editoria è un settore che negli ultimi quindici anni è cambiato tantissimo. Prima si stampava tanto, i testi erano distribuiti in libreria e promossi dalle case editrici; oggi le tirature sono più basse e la promozione è affidata più che altro ai social.

Tenere d’occhio le nuove tendenze digitali, come il mondo brulicante e pieno di prospettive del self publishing (libri editati dagli autori in proprio), può aprire spazio a nuovi lettori? 

Sinceramente, non lo so. Come ho detto prima, il mondo digitale non mi entusiasma particolarmente, credo che l’antico e la tradizione abbiano tutto un altro fascino.

 Viterbo è una città che legge? E qual è il suo autore preferito? 

Viterbo è decisamente una città che legge. Ci sono molti lettori forti, abbiamo tantissime librerie in città e se sopravviviamo tutte una motivazione ci sarà. Non ho un autore preferito, vado a periodi… In genere, mi piacciono molto i romanzi e la fantascienza. Non amo la saggistica, anche se è quella che pubblico di più.

 

Nella visione di futuro cosa “legge”? 

Vedo i nostri rapporti con l’università forse meno produttivi… Nel senso che i professori sono sempre più invischiati in questioni burocratiche e amministrative e hanno meno tempo per fare ricerca. Tuttavia, ci tengo a precisare che noi continuiamo a lavorare con loro sempre con molta soddisfazione.

 

Ci piace chiudere con una frase del prof. Matteo Sanfilippo dell’Università degli Studi della Tuscia, usata nel presentare la casa editrice:

In oltre un quarto di secolo Sette Città non ha forse trovato l’oro legato alla leggenda, ma ha duramente faticato per farlo trovare ai suoi lettori”. 

Non possiamo che confermare ed esserne grati.

Nella foto:  Dino Paris e la moglie Margarita Fernandez, spagnola, alla quale la libreria deve il suo esotico nome.Tutto è cominciato con loro.

Foto: Una delle ultime opere pubblicate La guida più piccola d’Italia del cammino più piccolo d’Italia. di Stefano Mecorio

 

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