Tuscia in pillole. 1950. Il Santo Boom

di Vincenzo Ceniti

Per Gioachino Belli erano “girandoloni” che arrivavano a Roma in occasione del Giubileo dopo lunghi viaggi  stimolanti e pericolosi, più per spirito di avventura che per richiami dall’alto. Nei pellegrini dell’Anno Santo del 1950 –  il primo dopo  le bombe con  macerie ancora fumanti – c’era comunque tanta voglia di Cristo, ma anche di riprendere a vivere, conoscere, fare pace con tutti,  godere della libertà e delle bellezze di Roma.

Quest’anno si contano 75 anni dall’apertura della Porta Santa nel dicembre del 1949 da parte di Pio XII,  oriundo viterbese (antenati originari di Onano), che dovette vedersela con la ricostruzione del Paese e delle anime,  i poveri, i comunisti e una Chiesa in odore di rinnovamento.

Viterbo si preparò all’evento giubilare con la “Peregrinatio Mariae” voluta nel 1949 dal  vescovo di allora Adelchi Albanesi, che portò tra le parrocchie della diocesi la tegola miracolosa della Madonna della Quercia. Entrò anche nel carcere di Santa Maria in Gradi dove a quel tempo era recluso Arnaldo Graziosi accusato di aver ucciso la moglie. Il musicista di Frosinone verrà graziato dieci anni dopo nel 1959, dal presidente della Repubblica Giovanni. Gronchi.  In quel 1949 ci fu anche l’idea di montare la Macchina di Santa Rosa di Viterbo (modello Virgilio Papini) in piazza San Pietro a Roma, ma non se  ne fece  nulla.

Viterbo rinnovò alla meno peggio il modesto parco alberghi, aprendo peraltro un paio di nuove trattorie come Il Bersagliere e qualche bar nelle periferie. La città  era uscita dalla guerra completamente stremata, con il 60% dell’abitato distrutto, comprese le vie ferroviarie e stradali. In quell’anno il viterbese Luigi Malè conquistò il titolo italiano del pesi medi e l’editore Sorbini stampò la nuova guida di Viterbo con notizie utili su hotel, terme, ristoranti, negozi, imprese ecc.

In quell’Anno Santo Pio XII proclamò il dogma dell’Assunzione e canonizzò il 24 giugno Maria Goretti  le cui manifestazioni vennero inserite nei  programmi religiosi.  La violenza di cui fu vittima la “Santa Bambina” (uccisa dopo un tentativo di stupro a soli 12 anni) fu l’occasione per denunciare le prime trasformazioni socio-economiche di quegli anni.

Le immagini del papa che alza le braccia al cielo tra i fedeli di San Lorenzo all’indomani dei tremendi bombardamenti del 1943, erano ancora vive sul suo volto triste e ieratico quando tra la folla attraversava la piazza San Pietro sulla sedia gestatoria sostenuta dai Sediari pontifici.

Per molti pellegrini era la prima volta che vedevano Roma e i’imponenza dei suoi monumenti, La basilica di San Pietro  invasa da migliaia di fedeli di ogni nazionalità, fu uno spettacolo insolito e memorabile. Molti – si legge in una nota  del tempo – rimasero sorpresi dalle tante bancarelle sparse  nelle vie del centro con souvenirs e mercanzie, primi segnali di un incipiente consumismo.

Pochi i bus turistici, molti i camion dove erano stipati i pellegrini in arrivo dalle regioni limitrofe inquadrati da vescovi e parrocchie. Pochi risto-trattorie, nessuna pizzeria,  qualche rosticceria e molti pasti al sacco consumati a bordo di monumenti e scalinate, muniti di  borracce portate da casa e riempite con l’acqua delle fontanelle. Tutti animati, comunque, da una voglia irresistibile di fare conoscenze, fare amicizie e fare pace,  dopo gli orrori della guerra. Tante le preghiere di speranza rivolte al cielo.

Dalla Tuscia viterbese partirono migliaia di fedeli alla volta di Roma (alcuni a piedi)  al seguito di parroci e confraternite che gestivano in città opere di bene e di fratellanza.  La preghiera dell’Anno Santo, appositamente predisposta per l’occasione, era tutta Dio, Patria e Famiglia.

Questo l’incipit.  “Dio onnipotente ed eterno, con tutta l’anima ti ringraziamo per il gran dono dell’Anno Santo. O padre celeste che tutto vedi, che scruti e reggi i cuori degli uomini, rendili docili in questo tempo di grazia e di salvezza, alla voce del Figlio tuo….”

Questo il finale “Dà agli infermi la rassegnazione e la salute, ai giovani la forza della fede, alle fanciulle la purezza, ai padri la prosperità e la santità, della famiglia, alle madri l’efficacia della loro missione educatrice, agli orfanelli la tutela affettuosa, ai profughi e ai prigionieri la patria, a tutti la tua grazia in preparazione e in pegno dell’eterna felicità del cielo. Così sia”.

 

L’autore*

ceniti

Console di Viterbo del Touring Club Italiano. Direttore per oltre trent’anni dell’Ente Provinciale per il Turismo di Viterbo (poi Apt). È autore di varie monografie sul turismo e di articoli per riviste e quotidiani. Collabora con organismi e associazioni per iniziative promo-culturali. Un grande conoscitore della Tuscia.

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