LA MACCHINA DEL 1946
La foto della Macchina di Santa Rosa in partenza da piazza Fontana Grande in cui appaiono alcuni manifesti della Democrazia Cristiana riferiti alle elezioni del 1948, sollevano qualche dubbio sulle date dello stop del trasporto durante il periodo bellico e la ripresa della manifestazione dopo la guerra. Abbiamo parlato con Virgilio Papini jr che vive a Lucca, nipote ed omonimo del celebre costruttore di quella Macchina. Dopo la sospensione a causa dei bombardamenti che avevano riempito di macerie le vie del percorso, soprattutto via Garibaldi, la Macchina venne ripresa nel 1946 con allestimento a piazza Fontana Grande davanti alla chiesa dell’allora tribunale. Se ne interessò Virgilio Papini che fu costretto a partire da quella postazione anche nel 1947 e nel 1948. Fanno fede, come detto, i manifesti elettorali: Quello del 1948 fu l’ultimo trasporto guidato da Virgilio Sr. Dal 1949 si riprese la normale partenza da piazza San Sisto. Qualche annotazione di colore. Nel 1946 la Macchina partì alle 21,00 (ora legale) con 60 facchini tra cui molti reduci di guerra e Primo Nocilli, come ciuffo di prima fila, ben noto a Viterbo per l’impresa di pompe funebri. Altezza 20 metri, peso 35 quintali, tempo di percorrenza 40 minuti (in considerazione del tragitto ridotto) e costo complessivo di circa 330 mila lire. Nel programma del 3 settembre di quell’anno erano inseriti il concerto alle ore 12,00 in piazza Plebiscito della banda dell’Atac, la partita di calcio alle ore 16,00 Viterbese-Roma (tra i gialloblu Amorosi, Bernini, Tofani, Patara), la processione alle ore 18,00 col Cuore di Santa Rosa, il Trasporto della Macchina alle ore 21,00, la riunione di pugilato alle ore 22,00 nella palestra di via Tommaso Carletti e il concerto di musica sinfonica alle ore 23,00 sempre in piazza del Plebiscito.
COMUNISTA? NIENTE MACCHINA
Colpo di scena al trasporto della Macchina di Santa Rosa nel 1949. In seguito ad un decreto della Congregazione del Santo Uffizio, chi è iscritto al partito comunista non può partecipare ad eventi religiosi. Cinque compagni-facchini rischiano di non portare la “Macchina” con grande preoccupazione per tutti. Ci mette una pezza la Curia Vescovile di Viterbo che chiarisce: “La Macchina di Santa Rosa è una manifestazione civile”. E tutto si risolve.
I “GIUDIZI” DI TARQUINIA LIDO
Il primo insediamento turistico al Lido di Tarquinia (attrezzato alla fine degli anni Quaranta con rudimentali capanni) si deve ad un gruppo di imprenditori del posto che costruirono intorno al 1948 il ristorante Gravisca preso in gestione da Giulio Giudizi, allora titolare a Tarquinia-paese dell’omonimo “Gran Ristorante” rinomato per i “rigatoni all’etrusca”. IL Gravisca disponeva di una terrazza vista mare dove Rinaldo (figlio di Giulio) accudiva ad una ventina di tavoli. Venne aperto successivamente il ristorante-pensione Miramare (gestito da Isauro Giudizi fratello di Giulio). Quelle strutture cambiarono le abitudini alimentari dei bagnanti di allora. Si continuava a portare il pranzo da casa, ma di tanto in tanto si prendeva ad asporto da Gravisca una porzione di spaghetti alle vongole o altro. Si faceva la coda nella porta posteriore, quella della cucina con uno o due piatti in mano. La cuoca appena possibile lo riempiva di pasta. Si tornava al capanno a passo svelto e solenne con la fierezza di portare un trofeo.
TUSCIA IN MUSICA
La Tuscia s’è abbastanza nutrita dei talenti musicali dei Maestri di cappella del Seicento: Paolo Agostini (Vallerano), Domenico Massenzio (Ronciglione), Giovanni Maria Nanino (Vallerano), Virgilio e Domenico Mazzocchi (Civita Castellana). Da ricordare pure la feconda attività della Cappella musicale del Duomo di Viterbo e gli esiti barocchi di Alessandro Stradella (Nepi). E poi una nutrita schiera di musicisti Otto-Novecento tra cui Angelo Medori, Cesare Dobici, Amedeo Cerasa, Adriano Ceccarini, tutti di Viterbo. Non dimentichiamo i prolungati soggiorni a Vignanello di Friedrich Haendel, ospite del principe-mecenate Francesco Ruspoli nel 1707 e che il giovane Wolfgang Amadeus Mozart nel viaggio di ritorno da Napoli con il padre Leopoldo nel 1770, sostò una notte a Civita Castellana dove ebbe modo di suonare l’organo della cattedrale.
IL GARNI OLIMPIA
Era un albergo chic, come la sua proprietaria Margherita Carletti Camilli-Mangani. Garni è un francesismo in alternativa a meublé, cioè a dire senza ristorante. Occupava una villa seicentesca in viale Trieste appartenuta in passato alla famiglia Maidalchini (quella di donna Olimpia che dava il nome all’hotel), già utilizzata come padiglione di caccia. L’hotel era classificato di media categoria (oggi tre stelle) poiché aveva poche camere e non disponeva di ristorante. La stanza più bella, dotata di un grande camino, con affaccio sul lungo viale che da Viterbo conduce a La Quercia, venne più volte occupata negli anni Cinquanta-Sessanta dal re Gustavo VI Adolfo di Svezia che partecipava agli scavi archeologici di Luni, San Giovenale e Acquarossa. Il re, accompagnato dall’ammiraglio Wetter e dalla principessa Cristina, quando “scendeva” all’Olimpia consumava spesso i pasti nella villa privata della signora Carletti con ingresso in via del Respoglio alla Quercia. L’albergo disponeva di arredamento d’antiquariato, dovizia di quadri d’epoca e un parco retrostante per riposanti passeggiate. Nel 2005 ha fatto da sfondo ad una scena dell’episodio “L’amico di infanzia” con Giancarlo Giannini della serie del Maresciallo Rocca.
Nella foto cover, l’ingresso dell’albergo Olimpia in una scena del Maresciallo Rocca.
In alto, Macchina di Santa Rosa nel 1948.
L’Autore*
Console di Viterbo del Touring Club Italiano. Direttore per oltre trent’anni dell’Ente Provinciale per il Turismo di Viterbo (poi Apt). È autore di varie monografie sul turismo e di articoli per riviste e quotidiani. Collabora con organismi e associazioni per iniziative promo-culturali. Un grande conoscitore della Tuscia.