Mettiamoci subito a tavola in una delle trattorie di Canino o negli agriturismi dei dintorni. Prima di leggere il menu, c’è il rito della bruschetta: una fetta di pane casareccio abbrustolito velata d’aglio su cui aspergere abbondanti dosi di extravergine Canino dop. Si può quindi procedere alla scelta delle pietanze. Cacciagione in primis, dato che ci troviamo in zone di riserve e bandite che evocano spianate di grano, butteri maremmani, tenute e cascine di nobili latifondisti di fine Ottocento e tanto sole. Il re di ogni tavola è il cinghiale la cui polpa saporita s’abbina a meraviglia con le pappardelle casarecce, nella duplice versione “rosse” o “bianche”. Cinghiale anche per i secondi piatti: su tutti “al tegame” e a “bujone” il cui sapore forte va smorzato con la cicoria ripassata in padella con un sospetto di peperoncino
Dunque Canino. C’è nato Paolo III, c’è sepolto Luciano Bonaparte fratello di Napoleone, ci prospera una cultivar di extravergine d’oliva altamente selezionata, ci crescono gli asparagi (ottimi bolliti olio e limone o con l’uovo alla coque), c’è passato san Francesco. Ditemi voi se questo paese nel versante occidentale della Tuscia Viterbese in piena Maremma, non dovrebbe guadagnarsi i galloni di “pillola” della settimana.
Il suo toponimo non ci azzecca con “piccolo cane” come ebbe a scherzarci, su molti anni fa, un giovane Nino Frassica in una rubrica televisiva sui paesi d’Italia. Semmai deriverebbe dal nome latino Caninus, ma non ci giuro.. Comunque sia, nello stemma del paese figura un piccolo cane sotto tre gigli farnesiani. E’ quanto basta per un fine settimana da quelle parti, magari con il vostro fido al guinzaglio.
Il buon lignaggio etrusco si fa sentire nella vasta area archeologica di Vulci, a pochi chilometri dal centro, con tanto di ponte etrusco-romano sul fiume Fiora, Museo archeologico all’interno del castello dell’Abbadia, ruderi dell’antica città e necropoli etrusche. Gli affreschi della tomba François (strappati e custoditi a Villa Albani di Roma) evocano addirittura Troia.
La gloria del posto è comunque Alessandro Farnese che diventerà Paolo III nel 1534 in un momento difficile della Chiesa per le fibrillazioni di Lutero. Da buon nepotista, previdente e premuroso, penserà all’avvenire dei suoi cari regalando loro il ducato di Castro e quello di Parma e Piacenza. Per ovviare alle sciagure dello scisma luterano si farà carico nel 1545 di aprire di persona il Concilio di Trento, passato alla storia come quello della Controriforma.
Omaggi anche a Luciano Bonaparte, fratello di Napoleone, che nel 1808 venne nominato da Pio VII principe di Canino. E’ passato alla storia più che altro per le sue passioni di collezionista e di archeologo, interessato sia all’arte che al quattrino. Le campagne di scavi nelle campagne circostanti gli fruttarono compensi e prestigio. E’ sepolto insieme al padre Carlo, alla prima moglie Cristina Boyer e al figlio Giuseppe nella cappella neoclassica all’interno della collegiata dei SS. Apostoli Giovanni e Andrea nella piazza principale del paese che custodisce anche una bella tela settecentesca di Domenico Corvi.
In quanto a san Francesco, la tradizione racconta che soggiornò nel convento a lui dedicato vicino ad una cappella di impronta romanica. Canino non si fa mancare neanche un piccolo teatro di fine Ottocento ed una spettacolare processione il Venerdì Santo. .
I ragazzi del paese si fanno sentire la sera della vigilia di sant’Andrea (patrono del paese), per la tradizionale “scampanata”. Con una cordicella legano barattoli di latta, vecchie pentole, padelle, pezzi di ferro ed altro che trascinano di corsa lungo i vicoli e le vie del centro storico facendo il più rumore possibile per richiamate (si dice) l’attenzione del Santo. Fu uno dei primi discepoli che Gesù chiamò per farlo diventare pescatore di uomini. La tradizione racconta che venne martirizzato su una croce con le braccia disposte diagonalmente (la cosiddetta “croce di sant’Andrea”).
La notte del 29 novembre (vigilia della festa) quelli più piccoli prima di andare a letto, mettono fuori della finestra un piatto che la mattina seguente trovano “riempito” di pesci e dolcetti. Pesci ovviamente di cioccolata o di marzapane. Una filastrocca popolare ci ricorda “Sant’Andrea pescatore pesca il pesce per il Signore, il Signore non lo vuol, sant’Andrea se lo mangiò”.
Nei tempi andati, gli abitanti del posto a novembre potevano prendere liberamente le olive cadute in terra. Per questo i Caninesi invocavano l’arrivo del vento per assicurarsi una raccolta più abbondante. In ogni caso a dicembre per la Sagra dell’olivo (tra le più storiche del Viterbese) sarà possibile assaggiare l’olio novello nei cantinoni, conoscere il processo di produzione all’interno dei frantoi, acquistarlo presso gli stand degli oleifici e gustarlo sulla bruschetta.
Nelle foto la bruschetta all’olio extravergine di Canino
L’autore*
Console di Viterbo del Touring Club Italiano. Direttore per oltre trent’anni dell’Ente Provinciale per il Turismo di Viterbo (poi Apt). È autore di varie monografie sul turismo e di articoli per riviste e quotidiani. Collabora con organismi e associazioni per iniziative promo-culturali. Un grande conoscitore della Tuscia.