GIOACHINO BELLI A MONTEROSI
Monterosi (Rossulum al 27° miglio sulla Cassia per i Romani) era un luogo di sosta e di ristoro durante le lunghe camminate da Roma verso il nord e viceversa. Le osterie e le locande che nei secoli successivi consolidarono questa vocazione di “posta” erano considerate come le antenate dei nostri grill autostradali. Si ricordano, nei vari anni, l’osteria del Frasaccio, quella della Campana, la taverna di San Giorgio (gestita addirittura da un cardinale), l’albergo dell’Angelo, l’osteria di San Marco, la locanda della Corona, l’osteria dell’Olmo (trasformata poi in caserma), la locanda De Pepp’er tosto. In quest’ultimo santuario del vino Gioachino Belli (1791-1863), il cantore della Roma ottocentesca, approfittando di una sosta, il 10 Ottobre del 1831 scrisse un sonetto di ispirazione locale “L’amichi dell’osteria”. Ne fece un altro, sempre dedicato al vino, con riferimenti a quello nostrano di Vignanello e all’Est! Est!! Esty !!!. Ecco l’ultima strofa.
È bbono bbianco, è bbono rosso e nnero;
de Ggenzano, d’Orvieto e Vviggnanello:
ma l’este-este[ è un paradiso vero!
TRILUSSA A GROTTE SANTO STEFANO
Leggo con curiosità il “Quaderno” dell’Associazione culturale “Ecomuseo della Tuscia” di Grotte Santo Stefano dedicato a Trilussa in occasione del 150° anniversario della nascita (1871-2021). Lo ha curato Andrea Cipolla attingendo dalle biografie di Giuseppe d’Arrigo e Mario dell’Arco e da alcuni ricordi dei più anziani del paese. Grotte è stato Comune della provincia di Roma fino al 1928, quando venne inglobato in quello di Viterbo retrocedendo a frazione. Va ricordato che Trilussa (al secolo Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri) venne più volte a Grotte Santo Stefano dal 1914 al 1915 per accompagnare l’amatissima Leda Gys – nota attrice del cinema muto – a trovare, con sua madre, la nonna Elena Selli che vi risiedeva da anni come maestra elementare della locale scuola rurale Gli abitanti del posto ricordano Leda per la sua bellezza ed avvenenza. Trilussa che amava la quiete del paese, ideale per lunghe e solitarie passeggiate, prese in affitto per le sue fugaci permanenze un palazzetto a Magugnano (poco distante dal centro di Grotte) oggi riconoscibile per alcuni murales che lo ritraggono insieme a Leda. I paesani più stagionati – annota Andrea Cipolla- ne fanno una sommaria ma puntuale descrizione. “Trilussa aveva una statura eccessiva, era affabile, disponibile con tutti, con il bastone da passeggio lungo l’abituale itinerario che lo portava dalla piazza di Magugnno a via delle Grazie a Grotte”. Come amante degli spaghetti (sono ben note le frequenti incursioni nella varie trattorie di Roma, Trastevere soprattutto), lo si vedeva spesso all’antica trattoria Ricci e alla trattoria Riccardo Braccioni di Grotte e in quella di Magugnano, sempre in compagna di amici e paesani. I grottani lo ricordano anche a bordo di un’automobile cui dedicò una delle poesie in romanesco “L’automobile e er somaro”. Quando finì la relazione con Leda cessarono anche le frequentazioni a Grotte Santo Stefano. Trlussa morirà nel 1950.
ETTORE PETROLINI
I suoi erano di Ronciglione, figli di immigrati arrivati alla fine del Settecento a cercare lavoro e fortuna nelle ferriere di Rio Vicano. Venivano da Maresca sulle montagne pistoiesi e per questo erano soprannominati i “Mareschi”. I genitori Anna Maria e Luigi Petrolini per meglio soddisfare le commesse di lavorazione del ferro si trasferirono successivamente a Roma dove Ettore nacque nel 1884. Tornava spesso a Ronciglione a trovare parenti e amici che intratteneva con sketch ed imitazioni presso il bar Bellatreccia, attivo ancora oggi in pieno centro nella cosiddetta piazza della Nave. Nel 1903 – come ci racconta il nipote Franco che si è reso promotore di un premio nazionale a lui dedicato – si esibì a Viterbo presso il Caffè Schenardi e a Pratogiardino. In quegli anni inizi-secolo fece famiglia e compagnia con la soubrette Ines Colaptietro. Insieme andarono in tournee in sud America a consolidare repertorio e successi. Petrolini era tutto. Attore, regista, cantante, imitatore, cabarettista, sceneggiatore, “diseur” come il suo Gastone preso a modello da Gigi Proietti e Alberto Sordi. Un “precipitato” di retorica decadente che “derideva” abitudini, modi di vivere, atteggiamenti, società e politici. “Nerone” per la regia di Alessandro Blasetti fu un trionfo del “muto”. Era il re dello sberleffo e della satira pungente, delle imitazioni deformate, ma anche un raffinato compositore. La sua canzone “Tanto pe’ canta” venne ripresa e portata a nuovi successi da Nino Manfredi. Col frac di Gastone, Petrolini ci andava anche a letto e nel 1936, anno della sua morte a soli 52 anni, ci andò nella bara. Venne sepolto al Verano di Roma. Secondo una leggenda, in punto di morte vedendo entrare nella sua camera il sacerdote con l’olio santo avrebbe esclamato “Mo’ sì che so’ fritto” . Il Touring Club lo ricorda a Viterbo il 29 aprile 2022 (Palazzo Brugiotti sede della Fondazione Carivit) nell’ambito dei “Pomeriggi Touring”.
Nelle foto Gioachino Belli, Trilussa (cover) ed Ettore Petrolini.
L’Autore*
Console di Viterbo del Touring Club Italiano. Direttore per oltre trent’anni dell’Ente Provinciale per il Turismo di Viterbo (poi Apt). È autore di varie monografie sul turismo e di articoli per riviste e quotidiani. Collabora con organismi e associazioni per iniziative promo-culturali. Un grande conoscitore della Tuscia.