Tuscia in pillole. Ingordi e grassocci?

di Vincenzo Ceniti*

L'Obeso di Chiusi

Sono solo maldicenze dei conquistadores romani  per gettare ombra sugli etruschi, vinti e sottomessi, che per gusti e raffinatezze davano loro punti su molti fronti, meno, però, quello delle armi. E siccome con l’avvento di Roma si doveva affermare un nuovo status sociale e politico, ecco che i poveri etruschi diventano  vittime degli opinionisti del tempo, come Catullo, Plinio il Giovane Varrone, Livio, Virgilio, Teopompo ed altri i cui elzeviri carichi di pregiudizi e fake news, miravano al discredito, offrendo alla storia una verità malevola e artefatta.

Le donne etrusche, si commentava, non solo sedevano a banchetto con gli uomini, ma si abbandonavano ai  piaceri della tavola (e non solo) senza ritegno e  moderazione. Gli uomini, poi, erano  molli e grassoni (vedi l’obesus etruscus di Catullo e il pinguis  tyirrenus di Virgilio), all’opposto del modello romano, improntato all’esercizio delle  armi, dell’ordine e del sacrificio. .  Teopompo accusava gli etruschi di lussuria, sostenendo che le loro donne a tavola “non stanno vicino al marito ma al primo venuto e brindano alla salute di chi vogliono e che non è per loro riprovevole abbandonarsi in pubblico ad atti sessuali”.

Le pitture nelle tombe di Tarquinia, le ceramiche e gli ornamenti funerari non offrono alla difesa argomenti credibili. L’”Obeso” di Chiusi, raffigurato su un coperchio funerario ci porta a considerare una alimentazione eccessiva e ad  etruschi ghiotti e lascivi. Il carico da novanta ce lo mettono le posizioni goderecce dei coniugi banchettanti (con lui seminudo) nella tomba della Caccia e della Pesca sempre a Tarquinia nell’atto di cogliere tutti i piaceri di una mensa cui attendono con zelo un paio di servitori, anch’essi completamente nudi, ed una donna in atto di suonare il doppio flauto.

Dunque etruschi crapuloni? Intanto mangiavano con le mani, sdraiati sul triclinio, col gomito sinistro poggiato sul cuscino e la mano destra libera di frugare dal vivo in intingoli e brodetti. Quella posizione recumbente, peraltro diffusa nelle popolazioni medio-orientali, sembra facilitasse l’ingerimento del pasto e la digestione.  Nei ricchi menù non escluderemmo una ciotola di spaghetti ad aglio, olio e peperoncino, magari con pasta a base di farro o siligo. Le tagliatelle nella tomba dei Rilievi di Cerveteri ce lo fanno credere.  Così come le nocciole di olive entro una pila di bronzo rinvenute in un’altra tomba sempre da quelle parti.  Dunque l’olio di oliva c’era e c’erano anche aglio e  zenzero. Il bicchiere era ricolmo di Apiana, un doc di quei tempi, peraltro di bassa gradazione alcolica, spesso intrugliato col miele per la conservazione.

Apicio ci informa poi sulla loro dieta vegetariana: carciofi, rape, cipolle, porri, asparagi, cavoli, legumi, radici, carote,  crescione (ottimo quello lungo le sponde del Fiora). Sul pesce, dati i loro contatti col mare, non ci dovrebbero essere dubbi. Sembra che si pescassero anche i tonni. Le raffigurazioni nella citata tomba della Caccia e della Pesca ci fanno anche pensare ad  arrosti  di cacciagione e selvaggina, compresi cinghiali e suini.

Niente pomodoro (Cristoforo Colombo doveva ancora nascere), quindi niente pizza napoletana, ma in compenso molta puls, pappa con il farro, ricca di calorie. Tra le salse si preferivano il  garum (a base di viscere di pesce fermentato) e il muria (anch’esso a base di pesce), ma anche purea di mele cotogne. Gli ovini non avevano molta fortuna tra i fornelli, ma erano apprezzati latte e formaggi. Le caciotte potevano raggiungere anche il penso di tre  quintali, tali da sfamare (lo dice Marziale) quasi mille persone. Vietati i frutti degli arbores infelices, cioè di quelle piante che per l’Etrusca Disciplina costituivano la rappresentazione terrena degli inferi. Dunque niente fichi neri, pere selvatiche, more e lamponi.

 

Nella foto, l’Obeso di Chiusi

 

L’autore*  

ceniti

Console di Viterbo del Touring Club Italiano. Direttore per oltre trent’anni dell’Ente Provinciale per il Turismo di Viterbo (poi Apt). È autore di varie monografie sul turismo e di articoli per riviste e quotidiani. Collabora con organismi e associazioni per iniziative promo-culturali. Un grande conoscitore della Tuscia.

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