Tuscia in pillole. Michelangelo a Viterbo con Vittoria Colonna

di Vincenzo Ceniti*

terme di bacucco

Se fossero vissuti ai giorni d’oggi Michelangelo e Vittoria Colonna sarebbero stati  incollati  al cellulare per scambiarsi messaggini, foto e video-chiamate su idee, fatti e commenti. In mancanza di tecnologia si sono affidati  a serrate corrispondenze epistolari di cui ci è pervenuta una preziosa documentazione. In nome del loro legame – tanto spirito e poca carne, date anche le “predilezioni” dell’uno e la morigeratezza dell’altra –  il Buonarroti si prodigava in generosi regali per la sua “diletta” a suon di disegni, tavolette e dipinti come si farebbe oggi con fiori e cioccolatini. L’artista aveva una grande stima di Vittoria in cui vedeva  una partner intellettuale al pari suo. In più le riconosceva una superiorità sul piano spirituale. Al contrario di quella folla di “arrampicatori” che lo circondavano e di cui la Chiesa era ben dotata.  Forse, come sostengono alcuni, ne dipinse le sembianze dando il suo volto alla Madonna nel Giudizio della Sistina.

Di questi preziosi cadeaux si sono perse tracce e memorie, ma uno si troverebbe a Viterbo nel Museo del Colle del Duomo. E’una piccola Crocifissione su tavola che Michelangelo impostò nel disegno e fece eseguire agli allievi per donarla a Vittoria al tempo del suo soggiorno a Viterbo nei primi decenni del Cinquecento nel monastero di Santa Caterina dove si era ritirata  dopo la morte del marito, Ferrante d’Avalos, perito in uno dei tanti campi di battaglia.

Tra le mura del convento viterbese la Colonna riprese a coltivare la sua passione per la poesia componendo una nutrita sequenza di Sonetti,  preziosi a documentare la poesia del tempo e il rango di una donna  tra le più intelligenti e acclamate d’Europa “dalla mente virile”.

Erano momenti tristi e pericolosi per una Chiesa corrotta e scandalosa cui la Colonna ed un gruppo di cosiddetti “Spirituali” opponevano critiche e ravvedimenti.  Per questo aveva animato proprio a Viterbo un salotto di intellettuali,  l’Ecclesia viterbiensis, cui aderivano lo stesso Michelangelo, Reginald Pole, Bernardo Ochino, Marcantonio Flaminio, il card. Contarini Pietro Carnesecchi, Alvise Priuli ed altri, tutti favorevoli ad un rinnovamento      all’interno della Chiesa, già invocato anni prima nel quinto Concilio Lateranense del 1512 dal viterbese Egidio Antonini, generale degli agostiniani, nella sua “Orazione”d’apertura.

Secondo alcuni in quella Crocifissione donatale da Michelangelo si sarebbero celati messaggi criptati sulla situazione di allora, dopo lo scisma luterano. Idee e convinzioni peraltro inconfessabili pubblicamente senza incorrere nei rigori del Santissimo Governo. E quel dipinto potrebbe contenere anche un riferimento a Viterbo, riscontrabile nello sfondo che evoca ruderi di impianti termali. La tavola custodita nel Museo del Colle del Duomo di Viterbo, è la testimonianza di un  messaggio caro agli Spirituali, una sorta di manifesto. Si ispirava infatti alla “salvezza per fede” basata sul testo del “Beneficio di Cristo” di Marcantonio Flaminio, ritenuto eretico dalla Chiesa. Alcuni critici osservano che il ladrone alla destra del Cristo, al contrario di quello alla sinistra, accetta il sacrificio di Cristo e per questo atto di fede è salvo.

Michelangelo aveva già pensato a Viterbo nei disegni preparatori per la tavola “La pietà” (oggi custodita nel Museo dei Portici) eseguita da Sebastiano del Piombo ai tempi del loro sodalizio. Ce lo fa credere quel profilo turrito e tenebroso sullo sfondo della scena, dietro la figura monumentale della Madonna, che richiama le mura medioevali della città e forse gli elementi naturali coevi al  miracolo della Madonna Liberatrice nel XIV sec. La tavola venne commissionata dal canonico Govanni Botonti per la chiesa di San Francesco a Viterbo.

Buonarroti è documentato a Viterbo anche nel 1549 alle terme del Bacucco (sorgente poco fuori la città) dove si recò per bere l’acqua “miracolosa”da cui avrebbe trovato sollievo per il suo male della pietra (tipo calcolosi). In una lettera scritta al nipote Leonardo  esaltava la qualità di quelle acque ed i ristori ricevuti, tanto da farne cospicue provviste.

Di quel fugace soggiorno termale Michelangelo ci lascia alcuni disegni a penna delle terme del Bacucco. In uno scrisse di suo pugno “pianta del bagno di Viterbo”. Nell’altro raffigurò lo spaccato dell’interno, con le parole “come stà dentro el dicto bagno”. Gli originali sono al Museo Vicar de Lille in Francia. Ai tempi dell’impero romano le terme del Bacucco erano le più maestose fra quelle sparse  nei dintorni della città alla pari del Bulicame, fonte storica ricordata anche nell’Inferno di Dante. Va ricordato che nei secoli successivi si fece razzia dei suoi pezzi migliori: colonne (in piazza del Plebiscito a Viterbo ce ne sarebbero due), capitelli, busti di marmo, statue, mosaici, bronzi ed altro. 

Vittoria Colonna
Ritratto di Vittoria Colonna di Sebastiano del Piombo

 

Nella cover: ruderi romani nelle Terme del Bacucco 

 

L’autore*

ceniti

Console di Viterbo del Touring Club Italiano. Direttore per oltre trent’anni dell’Ente Provinciale per il Turismo di Viterbo (poi Apt). È autore di varie monografie sul turismo e di articoli per riviste e quotidiani. Collabora con organismi e associazioni per iniziative promo-culturali. Un grande conoscitore della Tuscia.

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