Un paese quasi perfetto: sogno buonista in un paese del Sud

Rossella Salvatorelli

paese

Potrebbe sembrare una favola il nuovo film del regista Massimo Gaudioso, “Un paese quasi perfetto” al cinema dallo scorso 24 marzo.

Ambientato nelle Dolomiti lucane, in un borgo dimenticato con 120 anime, dove la chiusura della miniera ha messo in cassa integrazione gran parte di loro, le frane bloccano continuamente le strade e gli uomini trascorrono la giornata al bar, tutta la narrazione evidenzia una realtà sociale che vuole dare una svolta a questo stato di cose, pur di non abbandonare le proprie radici. La notizia che una grande industria vorrebbe aprire la filiale nel  paesino, viene accolta come una panacea per risolvere  il problema del lavoro. Ma i requisiti sono: un medico residente e 250 abitanti. Il dottore arriva, insieme alla sua bicicletta. È un ingenuo Fabio Volo, accolto da un intraprendente Silvio Orlando, cassaintegrato, che si presenta in qualità di sindaco.

Ma, menzogne a parte, sembra proprio improbabile un insediamento industriale a Pietramezzana (il nome del paese è di fantasia). Invece ha successo l’idea di un recupero del borgo sfruttando al meglio le risorse del territorio e coinvolgendo tutte le energie umane.

Tutto sommato, il film, seppur nella sua leggerezza, si segue bene. Anche gli altri protagonisti da Carlo Buccirosso a Miriam Leone e Nando Paone interpretano adeguatamente la parte loro assegnata. Le circostanze proposte nel copione fanno sorridere, ma lo sfondo riproduce una condizione sociale, realmente presente in specie nell’entroterra meridionale, che desta tanta tristezza.

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