Viaggio letterario e figurativo nella leggenda rinascimentale del Caravaggio

Venerdì 10 dicembre al Sacello dei Santacroce di Vejano a partire dalle ore 17.00 il Teatro Stabile delle Arti Medioevali- Società Cooperativa (ente organizzatore del Festival Quartieri dell’Arte) dà appuntamento al pubblico con uno dei capitoli più importanti di TEATRO CARAVAGGIO 450 – INSTALLAZIONE POLICENTRICA CON PERFORMANCE progetto speciale realizzato con fondi della Regione Lazio.

Fino al 10 dicembre un’installazione, concepita specificamente per il Sacello dei Santacroce in Vejano, mette a confronto una copia del Martirio di San Matteo di Michelangelo Merisi da Caravaggio con un’ipotesi ricostruttiva della prima e non più esistente versione del dipinto, realizzata dall’acclamato artista visivo Nicola Samorì. Per realizzare il proprio lavoro Samorì si è rigorosamente basato sulle radiografie e riflettografie realizzate sul dipinto attuale. Accanto all’ipotesi ricostruttiva si può osservare la copia di una delle fonti che Caravaggio ha utilizzato per la realizzazione della prima versione del “Martirio”, l’incisione Prevedari, un’incisione su lastra di ottone realizzata nel 1481 a Milano, da Bernardo Prevedari su disegno di Donato Bramante il cui nome è riportato sull’incisione stessa in caratteri lapidari (BRAMANTUS FECIT IN MEDIOLANO). Si tratta di una fantasia architettonica, un immaginario edificio all’antica in rovina ma soprattutto l’incisione costituisce una sorta di manifesto dell’estetica bramantesca legata ai maestri della classicità e alla lezione di Leon Battista Alberti.

Se è vero che nel passaggio dalla prima alla seconda versione del dipinto Caravaggio dismette la scatola scenografica e si concentra soprattutto sulle figure umane (che assumono dimensioni decisamente maggiori nella stesura definitiva), è anche innegabile che gli esami condotti sulla prima versione dell’opera del Merisi, testimoniano ancora una volta come i maestri del Rinascimento fossero un punto di riferimento costante per l’artista lombardo.

Il Martirio di San Matteo fu, assieme agli altri dipinti della Cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi in Roma, il primo quadro di azione commissionato a Caravaggio e, da quanto si evince dagli esami, la gestazione fu, pur nella sua relativa brevità, particolarmente sofferta.

L’opera “ricostruttiva” di Nicola Samorì è stata utilizzata, grazie a una gigantografia, nel mediometraggio d’arte “Cecco del Caravaggio” diretto da Francesco di Mauro e sceneggiato dal drammaturgo italiano Gian Maria Cervo, nato da una scoperta e da suggestione di quest’ultimo a Monte Sant’Angelo, in Puglia.

Nel 2017 infatti, Cervo trovava, sulla scalinata che conduce alla grotta dell’Arcangelo Michele, una iscrizione realizzata da un “Francesco Boneri, bresciano”. A partire da questa si ipotizzava, anche per una curiosa coincidenza di date, un pellegrinaggio di Caravaggio e del suo assistente Boneri (meglio conosciuto col soprannome di Cecco del Caravaggio) nel Gargano, generando una vera e propria leggenda caravaggesca del XXI secolo. Approfondimenti successivi alla prima scoperta hanno in realtà datato l’iscrizione a esattamente 100 anni dopo la data originariamente letta (il graffito di ottima fattura non è però oggi nitidamente leggibile in tutte le sue parti). Resta aperta l’ipotesi che il graffito di Monte Sant’Angelo possa essere comunque connesso, anche per la sua bellezza estetica, alla famiglia lombarda dei Boneri che vanta pittori almeno dagli inizi del XVI secolo.

L’installazione, realizzata con la collaborazione del Comune di Vejano, potrà essere vista ogni giorno dal 2 al 9 dicembre, sempre al Sacello dei Santacroce in Vejano, dalle 16.30 alle 19.30.

Il 10 dicembre, a partire dalle 17.00, oltre a visionare l’installazione si potrà compiere un viaggio nelle conoscenze rinascimentali di Caravaggio, con la proposta di materiali poco noti scritti da Pietro Aretino presentati dal drammaturgo Gian Maria Cervo. In chiusura un intervento dell’artista visivo Nicola Verlato, che partendo da un dialogo con Cervo ha iniziato a sviluppare un nuovo progetto. Come afferma lo stesso Verlato: “Il tema del ‘vivere a pezzi’ richiama immediatamente l’idea dello smembramento, quello di Orfeo da parte delle baccanti o di Penteo nella tragedia Le Baccanti di Euripide. Un tema che sto cercando di sviluppare da molto tempo.” Un gruppo di Baccanti, una sorta di Giuditta e la sua anziana assistente (come nel dipinto di Caravaggio) moltiplicate più volte, è intenta a fare a pezzi un corpo al centro di uno spiazzo di un borgo come potrebbe essere uno dell’alto Lazio, che vuole richiamare l’ambientazione urbana angusta delle Sette opere di misericordia del Caravaggio. Ognuno di loro si dedica a una parte del corpo in via di smembramento: la testa, un braccio, una gamba, una mano e così via. Tutto ciò avviene in una ambientazione notturna caratterizzata da forti contrasti luministici.

Lo spazio in cui si svolge la scena cruenta è però caratterizzato da numerose aperture come porte, scalinate, un grande arco, che vogliono alludere alle diverse direzioni che i frammenti di quel ‘vivere a pezzi’ prenderanno una volta conclusosi il massacro. Il dipinto vuole quindi calare il tema in una ben definita narrativa, che viene però riletta entro una nuova cornice concettuale che ne amplifica e sviluppa il senso secondo nuove prospettive.”

L’ingresso è gratuito

Info e prenotazioni scrivendo a ufficiostampaquartieridellarte@gmail.com.

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