Tutto il mio folle amore è un film intenso diretto da Gabriele Salvatores, con Claudio Santamaria, Giulio Pranno alla sua prima volta sullo schermo, Valeria Golino e Diego Abatantuono. Distribuito da 01 Distribution è stato presentato a Venezia 76 nella sezione “Fuori Concorso”, ottenendo da subito un discreto successo tra i presenti.
Vincent ha sedici anni, vive a Trieste ed è affetto da una forma seria di autismo. Vive con sua madre Elena e suo padre adottivo Mario i quali si sono ritrovati a gestire anni difficili. Una sera, però, arriva Willi, cantante da matrimoni, balere e padre naturale del ragazzo che dopo aver abbandonato Elena si fa coraggio per conoscere finalmente suo figlio. Sarà questo atto a dare inizio ad un’avventura che porterà Vincent a nascondersi nel furgone del vero padre fino in Slovenia, per poi arrivare insieme in Croazia. Nel frattempo Elena e Mario si metteranno alla ricerca del figlio e, in quello stesso viaggio, riusciranno a dirsi quello che fino a poco prima non si erano mai detti.
Un film empatico, quello di Salvatores, che riesce a raccontare con grazia e dolcezza una situazione reale e dalle sfumature complesse. Ispirato al romanzo di Fulvio Ervas, Se ti abbraccio non aver paura, la pellicola fa un chiaro riferimento alle paure più recondite, toccando temi importanti e attuali come la diversità, la paura di diventare grandi o di diventare genitori. Argomenti che caratterizzano la pellicola e il pensiero dei personaggi in ogni momento, ma che portano anche lo spettatore a riflettere sulle tante situazione che la vita a volte riserva. Attraverso un percorso volto a definire la normalità come concetto relativo, Tutto il mio folle amore cerca di dare una spiegazione ai grandi temi attraverso un viaggio tra padre e figlio, i quali pur non conoscendosi, intraprendono un percorso onirico per potersi migliorare a vicenda. Percorrendo i paesaggi tra Slovenia e Croazia, i due si ritrovano soli, con pochi mezzi e tanti momenti di sfortuna, a collaborare e a crescere insieme fino a far sfociare un forte amore che per tanto tempo nessuno dei due era riuscito ad esprimere a pieno. Un padre e un figlio che si rincontrano, scontrano e riconoscono tra loro, ma soprattutto che si rieducano a vicenda, migliorandosi fino a far riscoprire a Willi la propria paternità e a Vincent la vera gioia di sentirsi libero e capito.
In questo film non è importante il punto di partenza o la meta, ma è fondamentale il viaggio. Quello esterno, tra i paesaggi vissuti e interno, in ciò che risuona dentro. Lo stesso che creerà legami più forti, indissolubili e una piena consapevolezza di quello che si è e di ciò che si vuole. Ma come in ogni road movie che si rispetti il paesaggio è fondamentale per lo sviluppo di storia e personaggi. Nella pellicola è particolarmente presente e rappresenta parte integrante di una sceneggiatura schietta, ma allo stesso tempo capace di identificarsi appieno nella psiche dei personaggi, soprattutto del giovane protagonista, rendendo alcune scene particolarmente intense ed emozionanti. Giulio Pranno è eccezionale, dotato di un forte carisma personale e capace di immedesimarsi nella mente e nel mondo di Vincent alla perfezione, dando vita ad un ragazzo sì con dei problemi e attimi di stranezze, ma soprattutto frizzante, brioso, con grande vitalità e coraggio. I tre professionisti che circondano Pranno sono un’ulteriore garanzia per la riuscita del film: Santamaria interpreta in modo impeccabile un personaggio fragile e malinconico che riscoprirà l’amore per l’essere padre, Golino è anarchica e inqueta, un po’ come il figlio che da lei non ha preso solo l’intensità e vivacità dello sguardo, mentre Abatantuono rappresenta il giusto spunto di comicità e buon senso, rendendo il tutto un po’ più leggero. Il resto del merito va all’ottima fotografia di Italo Petriccione, al montaggio di Massimo Fiocchi e alla musica, aspetto molto presente e importante nella pellicola, di Mauro Pagani che ha lavorato sulle canzoni pensando al personaggio e alla vocalità di Santamaria che aveva già dimostrato le sue doti canore nella fiction “Ma il cielo è sempre più blu” sulla vita di Rino Gaetano.
Con Tutto il mio folle amore, Salvatores vuole tornare a parlare attraverso il suo genere cinematografico preferito, il road movie. Agli spettatori è concesso di portare a casa una profonda sensazione e una piena consapevolezza che nella storia di Vincent e Willi ci sia qualcosa di veramente potente, come un cavallo pazzo che scalpita, impossibile da gestire, ma il quale si può solo lasciare libero. Perché per il regista c’è sempre tempo per imparare ad amare.