Lui si chiama Costantino. E’ un vigile del fuoco che lavora a Roma e vive a Vitorchiano. Con la compagna Svetlana, ucraina di origine. E’ bosniaco, orfano di guerra (perse i genitori negli anni ’90, durante il conflitto che interessò tutti i Balcani), ma naturalizzato italiano dopo essere stato adottato da una famiglia dello Stivale.
E’ uno che con le mani in mano proprio non ci sa stare. E che, nel suo passato personale, ha conosciuto tutti gli orrori che si porta dietro un conflitto combattuto nel modo più atroce. “Sì – racconta – io i guasti della guerra li ho vissuti sulla mia pelle. Così, quando c’è stata l’invasione in Ucraina, io e Svetlana ci siamo guardati negli occhi e ci siamo subito detti che non potevamo restare a guardare”.
Accanto a lui il sindaco di Vitorchiano, Ruggero Grassotti. “Quando mi ha detto che voleva andare in Ucraina – racconta – come Comune ci siamo subito attivati. Abbiamo trovato un pulmino a nove posti e avviato subito una raccolta di beni di prima necessità: vestiti, generi alimentari, soprattutto farmaci. E anche un po’ di soldi, necessari per il viaggio.”
“Sono partito con Svetlana – racconta ancora Costantino – perché lei voleva recuperare la sua famiglia e portarla in salvo. A un certo punto ci siamo divisi: lei è entrata dalla parte della Slovacchia, io dalla Romania. Ma il bello della cosa è che lungo il percorso ci siamo ritrovati in tanti, provenienti dall’Italia e da altri Paesi europei, tanto da formare una vera e propria carovana. Siamo riusciti a raggiungere posti dove era difficile arrivare, anche vicino a Kiev. Siamo andati negli orfanatrofi per prelevare decine di bambini.”
Si ferma per un attimo a riflettere, Costantino. Poi prosegue: “Io voglio che questa tragedia finisca e ho un’idea molto semplice: noi l’Ucraina la svuotiamo tutta, non mi interessa chi ha ragione o torto, e la lasciamo a loro. In una guerra non c’è chi vince e chi perde. C’è soltanto chi scappa e chi muore”.
Poi descrive la situazione che ha trovato: “Le strade praticamente non esistono più. In certi punti è un vero e proprio sfacelo anche nelle case. L’unica cosa buona è che non si vende più alcol. Essendo tutti armati, è meglio non averlo”.
Altra pausa. Poi riprende il racconto: “Quello che trasportavo avrei dovuto scaricarlo in Romania, invece sono entrato in Ucraina. Poi, visto che era andata bene, sono tornato in Romania, ho caricato di nuovo e sono rientrato in Ucraina per altre due volte. Diciamo che abbiamo trasgredito leggermente gli ordini. Devo dire che in tutto questo c’è stata una grande solidarietà da parte di tutti, anche delle istituzioni. I rumeni in particolare, si sono dimostrati meravigliosi. Non li conoscevo, mi hanno sorpreso”.
Poi il viaggio verso la zona sud, in Bessarabia, vicino Odessa, ai confini con la Moldavia. “Siamo arrivati in un orfanatrofio dove erano arrivati quasi cento bambini negli ultimi tre giorni. Abbiamo prelevato quelli che potevamo, ce li siamo divisi e li abbiamo portati fuori dall’inferno”.
Insieme a Costantino ci sono infatti Mascia, con le due figlie Eva e Sofia, più Mascia, la loro vicina di casa. La donna racconta con l’aiuto di Alina (una ragazza ucraina che vive in Italia da molti anni), che fa da interprete: “Vivevo a Kiev. Lì, le case non sono tutte distrutte. La mia è ancora in piedi. Ma era impossibile starci dentro. Il più del tempo lo abbiamo passato nei bunker, per i continui bombardamenti”. E suo marito? “E’ militare e sta aspettando di essere chiamato a combattere”. Eva è ancora piccolina, mentre Sofia va alle elementari. L’altra Mascia, invece lavora, o meglio lavorava, come commessa in un negozio di abbigliamento.
Costantino non ha nessuna intenzione di fermarsi. Sta già pensando a un nuovo viaggio. E conta sulla solidarietà dei vitorchianesi, ma non solo.